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Per Croce e grazia

“Per croce e grazia e per diverse pene…” così ha inizio il sonetto che misi nero su bianco in risposta a una lettera che m’aveva scritto l’arcivescovo Lodovico Beccadelli nel 1556.

Me l’aveva spedito da Ragusa, città nella quale risiedeva per ottemperare al suo ruolo ecclesiastico. Nei versi gli scrissi che prima o poi ci saremmo ritrovati, chissà quando e chissà dove ricordandogli che gli animi possono superare ostacoli e la distanza fisica.

Lontani ma vicini di cuore.

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Il mio pensiero oramai era volto ad altri cammini, a quelli celesti per la precisione. Il mio caro Urbino m’aveva preceduto e quella sua dipartita m’aveva fatto a lungo riflettere sulla morte.

A seguire vi propongo il sonetto integrale.

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Per croce e grazia e per diverse pene
son certo, monsignor, trovarci in cielo
;
ma prima c’a l’estremo ultimo anelo,
goderci in terra mi parria pur bene.
  Se l’aspra via coi monti e co ’l mar tiene
l’un da l’altro lontan, lo spirto e ’l zelo
non cura intoppi o di neve o di gelo,
né l’alia del pensier lacci o catene.
  Ond’io con esso son sempre con voi,
e piango e parlo del mio morto Urbino,
che vivo or forse saria costà meco,
  com’ebbi già in pensier. Sua morte poi
m’affretta e tira per altro cammino,
dove m’aspetta ad albergar con seco.

Per il momento il sempre vostro Michelangelo Buonarroti vi saluta dandovi appuntamento ai prossimi post e sui social.

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