Il Genio della Vittoria nel Salone de’ Cinquecento
Fra le sculture che si trovano oggi nel Salone de’ Cinquecento c’è anche il mio Genio della Vittoria. Un’opera che avevo pensato e iniziato a scolpire per la Tomba di Giulio II. Le successive riduzioni stipulate mediante contratto con gli eredi del pontefice, esclusero l’opera dal complesso e così nemmeno ultimai di scolpirla.
Anche per realizzare il Genio della Vittoria volli scegliere il marmo di Carrara.
Scolpii un giovane atletico in posa serpentinata mentre posa il ginocchio sinistro e lo stinco sul corpo del vecchio. Il vecchio sembra quasi somigli a me. Che sia un autoritratto? L’idea non è del tutto da scartare, anzi.
Come potete immaginarvi, il significato di quest’opera è stato dibattuto a lungo fra gli esperti e le interpretazioni plausibili sorte sono più di una. Ve ne cito solo alcune tanto per darvi l’idea di quanto una scultura mia possa far fantasticare e immaginare ciò che avevo in mente quando la scolpii.
Il ragazzo potrebbe simboleggiare lo spirito immortale che sconfigge la mortalità del corpo impersonato dal vecchio. Il giovane atletico potrebbe essere un’idealizzazione del mio amato Tommaso che tutto o quasi poteva su di me. L’amore fa fare cose folli e imprevedibili, non è un mistero.
Chissà. Tanti ne son passati di secoli che quasi nemmeno me lo ricordo io cosa volesse significare quest’opera. La vittoria della giovinezza sulla vecchiaia? Oppure il vecchio potrebbe raffigurare come pensava anche il Vasari, le provincie soggiogate dal pontefice Giulio II.
Quello che è certo è guardando l’opera ci si trovi dinnanzi a un vincitore e un vinto.
A proposito: guardate il capo del ragazzo. E’ cinto da una corona di foglie di quercia: un chiaro riferimento al cognome del papa committente della Rovere.
Sapete com’è finita l’opera mia nella più grande sala di Palazzo Vecchio?
Quando partii definitivamente per Roma, il Genio della Vittoria era nel mio studio mia, in via Mozza. Il mi nipote Lionardo la ereditò insieme agli altri beni quando morii. Dapprima voleva farla sistemare sulla mia tomba in Santa Croce ma il mio caro amico Giorgio Vasari gli disse che non era cosa suggerendogli di regalarla a Cosimo I.
Se Cosimo I non avesse avuto disegni e opere mie che mai gli concessi in vita, avrebbe potuto vendicarsi e mettersi contro un duca non era cosa saggia aimè.
Così fece e l’opera, assieme ai Prigioni, divenne proprietà del duca. I Prigioni li fece mettere nella Grotta del Buontalenti mentre preferì sistemare il Genio nel Salone de’ Cinquecento, assieme alle Fatiche di Ercole di Vincenzo de’ Rossi e al modello in gesso di Firenze che Trionfa su Pisa del Giambologna e Francavilla.
Quindi già dal 1565 l’opera era lì dove la vedete oggi. Nel corso degli anni però non è sempre rimasta lì. Nel 1868 fu portata al Museo Nazionale del Bargello per poi tornare a Palazzo Vecchio il 6 novembre del 1921. In quell’occasione fu collocata nella nicchia che si trova al centro della parete posteriore della sala. Solo nel 1980 è stata rimessa laddove la volle Cosimo I.
Il sempre vostro Michelangelo Buonarroti e i suoi racconti
The Genius of Victory in the Salone dei Cinquecento
Among the sculptures found today in the Salone de ‘Cinquecento there is also my Genius of Victory. A work that I had conceived for the Tomb of Julius II but which then, given the various reductions that the project underwent, it was no longer possible for me to place in that complex that so many years of my life stole from me.
Also to carry out this work I chose Carrara marble.
I sculpted an athletic young man in a serpentine pose who places his left knee and shin on the old man’s body. The old man almost looks like me. Could it be a self-portrait? The idea is not entirely to be discarded, on the contrary.
As you can imagine, the meaning of this work has been much debated and has multiple plausible interpretations. I will mention only a few to give you an idea of how much a sculpture of mine can make you fantasize and imagine what I had in mind when I sculpted it.
The boy could symbolize the immortal spirit that defeats the mortality of the body personified by the old man. The athletic young man could be an idealization of my beloved Tommaso who could do almost everything on me.
Who knows … so many centuries have passed that I hardly even remember what this work meant. The victory of youth over old age? Or the old man could depict, as Vasari also thought, the provinces subjugated by Pope Julius II.
What is certain is the presence of a winner and a loser.
By the way: look at the boy’s boss. It is surrounded by a crown of oak leaves: a clear reference to the surname of the pope who commissioned La Rovere.
Do you know how my work ended up in the largest room of Palazzo Vecchio?
When I finally left for Rome, the Genius of Victory was in my studio, in via Mozza.
My nephew Lionardo inherited it along with the other assets when I died. At first he wanted to have it placed on my tomb in Santa Croce but my dear friend Giorgio Vasari told him that it was not what he suggested to give it to Cosimo I.
So he did and the work, together with the Prisons, became the property of the duke. He had the Prisons placed in the Buontalenti Grotto while he preferred to arrange the Genius in the Salone de ‘Cinquecento, together with the Labors of Hercules by Vincenzo de’ Rossi and the plaster model of Florence that Triumphs over Pisa by Giambologna and Francavilla.
So already from 1565 the work was there where you see it today. Over the years, however, it hasn’t always stayed there. In 1868 it was brought to the Bargello National Museum and then returned to Palazzo Vecchio on November 6, 1921. On that occasion it was placed in the niche located in the center of the rear wall of the room. Only in 1980 was it put back where Cosimo I wanted it.
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