Gli ultimi anni
Sentivo monna morte avvicinarsi. La ascoltavo di notte che passeggiava fuori casa e poi lentamente se ne andava così com’era venuta lasciandomi ancora una volta riposare nel mio letto.
Prima o poi avrebbe bussato alla mia porta e senza far troppi preamboli m’avrebbe portato con sé. Avevo ottant’anni e già ai miei tempi ero visto come un Matusalemme. Erano in pochi quelli che raggiungevano i settant’anni, figuriamoci gli ottanta.
Qualche acciacco ce l’avevo: mi svegliavo già stanco al mattino e arrivare a sera non era per niente facile. La maledetta renella mi faceva tribolare ma continuavo a progettare e scolpire come un forsennato.
Sono stati molto pochi i giorni in cui non ho lavorato in vita mia, talmente pochi che non me li ricordo nemmeno più.
L’idea di dover presto morire m’accompagnava qualsiasi cosa facessi e, come scrissi al mio caro amico Giorgio il 22 giugno del 1555, facevo pensieri che avevano dentro sculpita la morte:
“Messer Giorgio mio caro, io so che voi conoscete nel mio scrivere che io sono alle venti 4 ore e non nasce in me pensiero che non vi sia dentro sculpita la morte e Dio voglia ch’i’ la tenga ancora a disagio qualche anno...”
E qualche anno monna morte ancora me lo concesse sul serio… chi se lo immaginava allora che avrei vissuto per altri nove lunghi anni.
Il sempre vostro Michelangelo Buonarroti
