La Cupola del Brunelleschi
La Cupola del Brunelleschi è la più grande cupola in mattoni che sia mai stata realizzata: quella che ha ispirato me per la progettazione della cupola di San Pietro e tanti altri architetti per realizzare le proprie opere.
Quindici anni di lavori effettivi per posare gli oltre 500.000 mattoni all’anno disposti a spina di pesce e un numero spropositato di persone al lavoro.
Gli scetticismi iniziali di chi come San Tommaso preferisce vedere prima di credere scemarono quando poco a poco la cupola iniziò a elevarsi verso il cielo fino a raggiungere i 114 metri di altezza. Un prodigio mai visto prima che ancora fa discutere sulle metodologie adoperate per la sua realizzazione.
L’incredibile progetto architettonico dell’orafo
Nel 1418 l’Opera del Duomo indisse il concorso per la realizzazione della cupola di Santa Maria del Fiore. Fra i vari partecipanti ci fu anche Filippo Brunelleschi che al tempo non era certo noto per essere un valente architetto ma apprezzato per le opere di oreficeria e sculture. Un uomo sagace e con una lucidità mentale fuori dal comune che volle comunque presentare il suo progetto. Chi l’avrebbe detto che quel grande orafo sarebbe diventato di lì a poco uno dei più grandi e intuitivi architetti di sempre?
Il concorso pubblico non ebbe dei vincitori ufficiali ma si concluse con la nomina di capomastri del Brunelleschi e del Ghiberti. Così il 7 agosto del lontano 1420, 600 anni fa per la precisione, fu avviata la costruzione, terminata alla base della lanterna il 1 agosto del 1436.

Il Brunelleschi mise nero su bianco dodici punti in cui chiariva il modo in cui era necessario chiudere il tamburo specificando ogni modalità di costruzione. Una sorta di programma dei lavori in sintesi che addirittura prevedeva l’inserimento di anelli nella cupola interna che avrebbero dovuto servire a montare successivamente le impalcature necessarie per affrescarla.
Le innovazioni messe a punto dal Brunelleschi furono numerose come ad esempio la doppia calotta e il sistema autoportante che non aveva bisogno per la costruzione delle classiche armature interne in legno, note come centine. Non solo, i mattoni messi a spina di pesce non sono disposti su piani orizzontali ma inclinati versi il centro di incurvatura.
Cinque anni dopo l’inizio dei lavori Il Ghiberti venne messo fuori dai giochi e non ebbe più voce in capitolo già che la collaborazione fra i due stava portando solo scontri e importanti rallentamenti dei lavori.
Dai tempi della realizzazione del Pantheon non s’era mai vista una cupola così maestosa.

La cupola
La cupola autoportante è formata da una calotta interna e una esterna, entrambe ogivali, che procedendo verso l’alto diventano più sottili e leggere. Entrambe hanno la stessa pianta ottagonale del tamburo e sono distanziate da un’intercapedine.
Le cupole sono suddivise in verticale in otto spicchi uniti fra di loro per mezzo degli sproni angolari, visibili anche dall’esterno grazie al rivestimento in marmo bianco. L’intercapedine contiene un sistema di scale ancora oggi percorribile per salire fino alla lanterna. In pratica salendo la scalinata che ha inizio dalla pavimentazione del duomo, si può raggiungere la parte più alta della cupola sia per avere un’incredibile vista dall’alto di Firenze che per effettuare lavori di manutenzione.
Fu donato dal cielo per dar nuova forma all’Architettura, già per centinaia d’anni smarrita, scrisse il Vasari e come dargli torto? Una cupola grandiosa, mai vista prima, capace di meravigliare i più grandi architetti di tutti i tempi. Un simbolo del Rinascimento che ancora oggi ha i suoi bei segreti da svelare che pare non voler rivelare a nessuno.

Erano già cresciuti con la fabbrica tanto alto, che era uno sconcio grandissimo, salito che uno vi era, inanzi si venisse in terra; e molto tempo perdevano i maestri nello andare a desinare e bere, che per il caldo il giorno pativano.
Fu adunque trovato da Filippo ordine che si aprissero osterie nella cupola con le cucine, e vi si vendesse il vino, e cosí nessuno si partiva del lavoro se non la sera. Il che fu a loro commodità, et all’opera utilità grandissima.
Era sí cresciuto l’animo a Filippo, vedendo l’opera camminar forte, e riuscire con felicità, che di continuo si affaticava; et egli stesso andava alle fornaci dove si spianavano i mattoni, e voleva vedere la terra et impastarla, e cotti che erano, gli voleva scerre di sua mano con somma diligenzia.
E delle pietre a gli scarpellini guardava se vi era peli dentro, se eran dure, e dava loro i modelli delle avvignature e commettiture di legname e di cera, e cosí fatti di rape; e similmente faceva de’ ferramenti a i fabbri. E trovò il modo de’ gangheri co ‘l capo e degli arpioni, e facilitò molto l’architettura, la quale certamente per lui si ridusse a quella perfezzione che forse ella non fu mai appresso a i Toscani.
Giorgio Vasari
I numeri della cupola
Scrisse Leon Battista Alberti nel suo De Pictura sulla grandiosa cupola “Structura si grande, erta sopra è cieli, ampla da coprire chon sua ombra tutti e popoli toscani.” La cupola ha un diametro di 45,5 metri e si innalza 116 metri da terra, compresi i 22 metri della lanterna che la corona. Pesa circa 40mila tonnellate e si calcola che per realizzarla ci vollero circa 2milioni di ore lavorative. “Tanto ampla da coprire con sua ombra tutti e’ popoli toscani, fatta sanza alcuno aiuto di travamenti o di copia di legname” come annotò Leon Battista Alberti.

Un grande orafo e scultore così divenne il più grande architetto di sempre progettando qualcosa di mai visto né pensato prima. Ancora oggi la sua cupola desta meraviglia.
“Chi mai sì duro o sì invido non lodasse Pippo architetto vedendo qui struttura sì grande, erta sopra e’ cieli, ampla da coprire con sua ombra tutti e’ popoli toscani, fatta sanza alcuno aiuto di travamenti o di copia di legname, quale artificio certo, se io ben iudico, come a questi tempi era incredibile potersi, così forse appresso gli antichi fu non saputo né conosciuto?” dal prologo del De Pictura di Leon Battista Alberti.
Il sempre vostro Michelangelo Buonarroti e i suoi racconti

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