Io sono rovinato per decta opera di San Lorenzo: non gli mecto a chonto el vitupero
No, non ebbi certo una vita tutta rose, fiori e soddisfazioni. Alla fine dei conti non so se sono state di più le tribolazioni e i grattacapi che le gratificazioni.
Nel mio voluminoso carteggio c’è una lettera che scrissi da Firenze al Buoninsegni che in quel momento si trovava a Roma nella quale gli raccontai il mio andare e venire fra Carrara e Seravezza per adempiere agli obblighi imposti da due pontefici: papa Giulio II e Leone X. Vissuti in momenti diversi ma poco importa. I lavori che mi avevano commissionato s’incrociarono complicando non poco le cose.
Ve la propongo a seguire. C’è dentro la storia dei marmi che il papa Medici mi obbligò a cercare in quel di Seravezza e il modello della facciata della Basilica di San Lorenzo a Firenze di cui ancora lo stesso Leone X nemmeno m’aveva pagato il legname.
…io sono rovinato per decta opera di San Lorenzo; non gli mecto a chonto el vitupero grandissimo dell’avermi chondocto qua per far decta opera e poi tormela…
Firenze, 31 gennaio del 1520
Send’io a Charrara per mia faccende, cioè per marmi per chondurre a rRoma per la sepultura di papa Iulio, nel mille cinque cento sedici, mandò per me papa Leone per chonto della facciata di San Lorenzo che volea fare in Firenze, ond’io a dì cinque di dicembre mi parti’ da Charrara e andai a Roma, e là feci uno disegnio per decta facciata, sopra ‘1 quale decto papa Leone mi decte chommessione che io facessi a Charrara cavare e’ marmi per decta opera.
Dipoi, send’io tornato da rRoma a Charrara l’ultimo dì di dicembre sopra dicto, mandommi là papa Leone, per chavare e’ marmi di decta opera, duchati mille per le mani di Iachopo Salviati, e portògli uno suo servidore decto Bentivoglio; e ricevecti decti danari circha a octo dì del mese vegniente, cioè di gienaio, e così ne feci quitanza.
Dipoi, l’agosto vegniente, sendo richiesto dal Papa sopra dicto del modello di decta opera, venni da Charrara a Firenze a farlo; e chosì lo feci di legniame, in forma propia, chon le figure di cera, e manda’gniene a rRoma.
Subito che lo vide mi fece andare là, e chosì andai, e tolsi sopra di me in choctimo la decta facciata, chome apariscie per la scricta che ò chon Sua Santità; e bisogniandomi, per servire Sua Santità, chondurre a Firenze e’ marmi che io avevo a chondurre a rRoma per la sepultura di papa Iulio, com’io ò chondocti, e, dipoi lavorati, richondurgli a Roma, mi promesse chavarmi di tucte queste spese, cioè gabelle e noli, che è una spesa di circha a octo cento ducati, benché la scricta non lo dicha.
E a dì sei di febraio mille cinque cento diciassecte tornai da rRoma a Firenze, e avend’io tolto in choctimo la facciata di San Lorenzo sopra dicta, tucta a mia spese, e avendomi a far pagare in Firenze decto papa Leone quatro mila ducati per conto di decta opera, come apariscie per la scricta, a dì circha venti cinque ebi da Iachopo Salviati duchati octo cento per decto conto, e feci quitanza e andai a Charrara.
E non mi sendo là osservato chontracti e allogagione facte prima di marmi per decta opera, e volendomi e’ Charraresi assediare, andai a far chavare decti marmi a Seravezza, montagnie di Pietrasanta in su quello de’ Fiorentini, e quivi avend’io già facte bozzare sei cholonne d’undici bracia e mezo l’una e molti altri marmi, e factovi l’aviamento che oggi si vede facto – ché mai più vi fu cavato inanzi -,
a dì venti di marzo mille cinque cento diciocto venni a Firenze, per danari per chominciare a chondurre decti marmi, e a dì venti sei di marzo mille cinque cento diciannove mi fece pagare el chardinale de’ Medici, per decta opera per papa Leone, da’ Gaddi di Firenze, ducati cinque cento; e chosì ne feci quitanza.
Dipoi, in questo tempo medesimo, el Cardinale per chommessione del Papa mi fermò che io non seguissi più l’opera sopra dicta, perché dicevono volermi torre questa noia del chondure e’ marmi, e che me gli volevono dare in Firenze loro e far nuova chonventione.
E chosì è stata la cosa per insino a oggi.
Ora, in questo tempo avendo mandato gli Operai di Santa Maria del Fiore una certa quantità di scharpellini a Pietrasanta, o vero a sSeravezza, a ochupare l’aviamento e ctormi e’ marmi che io ò facti cavare per la facciata di San Lorenzo per fare el pavimento di Santa Maria del Fiore, e volendo anchora papa Leone seguire la facciata di San Lorenzo e avendo el chardinale de’ Medici facta l’allogagione de’ marmi di decta facciata a altri che a me, e avendo dato a questi tali, che ànno preso decta condocta, l’aviamento mio di Seraveza sanza far conto mecho, mi sono doluto assai, perché né ‘1 Cardinale né gli Operai non potevono entrare nelle cose mia se prima non m’ero spichato d’achordo dal Papa; e nel lasciare l’opera dicta di San Lorenzo d’achordo chol Papa, mostrando le spese facte e ‘ danari ricievuti, decto aviamento e marini e masseritie sarebono di necessità toche o a Sua Santità o a mme, e ll’una parte e ll’altra, dopo questo, ne poteva fare quello voleva.
Ora, sopra questa cosa el Chardinale m’à decto che io mostri e’ danari ricievuti e le spese facte, e che mi vole liberare per potere, e per l’Opera e per sé, torre que’ marmi che vole nel sopra dicto aviamento di Seraveza. Però io ò mostro avere ricievuti dumila trecento ducati, ne’ modi e tempi che in questa si chontiene, e ò mostri a[n]chora avere spesi mille octo ciento ducati che, di questi, ce n’è spesi circha dugiento cinquanta im parte de’ noli d’Arno de’ marmi della sepultura di papa Iulio che io ò chondocti a llavorare qui per servire papa Leone, per richondurgli a rRoma chome è decto; tucti gli altri danari, per insino alla decta somma di mille octo cento, chome è decto, ò mostro avere spesi per decta opera di San Lorenzo, non mectendo a chonto a decto papa Leone el richondurre e’ marmi lavorati della sepultura dicta di papa Iulio a Roma, che sarà una spesa di più che cinque cento ducati.
Non gli mecto anchora a chonto el modello di legniame della facciata decta, che io gli mandai a rRoma; non gli mecto a[n]chora a chonto el tempo di tre anni che io ò perduti in questo; non gli mecto a chonto che io sono rovinato per decta opera di San Lorenzo; non gli mecto a chonto el vitupero grandissimo dell’avermi chondocto qua per far decta opera e poi tormela, – e non so perché anchora; non gli mecto a chonto la casa mia di Roma che io ò lasciata, che v’è ito male, fra marmi e masseritie e llavoro facto, per più di cinque cento duchati.
Non mectendo a chonto le sopra dicte cose, a me non resta i’ mano, de’ dumilia trecento ducati, altro che cinque cento ducati. Ora, noi siàno d’achordo papa Leone si pigli l’aviamento facto, cho’ marmi detti cavati, e io e’ danari che mi restano i’ mano, e che io resti libero; e chonsigliòmmi che io facci fare un breve e che ‘1 Papa lo segnierà.
Ora, voi intendete tucta la chosa chome sta. Io vi prego mi facciate una minuta di decto breve, e che voi achonciate e’ danari ricievuti per decta opera di San Lorenzo i’ modo che e’ non mi possino essere mai domandati; e anchora achonciate chome in chambio di decti danari, che io ò ricievuti, papa Leone si piglia el sopra decto aviamento, marmi e masseritie.
Il sempre vostro Michelangelo Buonarroti co’ le sue lettere

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