I cartoni bruciati della Sistina
Era il gennaio del 1518 quando feci ritorno a Roma per discutere con papa Leone X de’ Medici sulla questione della facciata del San Lorenzo a Firenze.
Ancora non avevo idea di tutto il tribolare che mi sarebbe toccato di lì a poco ma il mio sesto senso m’aveva fatto intuire che avrei avuto più difficoltà del previsto. Sia chiaro, non per colpa mia.
Fu proprio durante quel viaggio che decisi di distruggere per sempre alcuni dei miei cartoni e studi e molto probabilmente erano quelli relativi preparati per affrescare la volta della Sistina.
Veder andare in fumo tutta quella mole di lavoro mi causava dolore ma decisi che così avrei fatto, senza ripensarci più.
Senza perder tempo diedi il compito di abbruciarli tutti quanti ai miei servitori non appena avrei fatto ritorno a Firenze. Poco partii lasciandomi alle spalle Roma.
Il Sellaio diligentemente appiccò il fuoco a quella pila di carte e poi mi scrisse il resoconto in una lettera.
E’ dichono avere ari tutti que’ chartoni, ma non chredo di tutti. Doghomi, ma la volontà vostra s’a’ a seguire, e io per piacervi meterei del mio sangue.
Così se fino ai vostri tempi è arrivato molto poco degli studi preliminari della volta della Sistina e nessuno di quei cartoni, adesso sapete il perché.
A seguire vi riporto la lettera integrale che mi scrisse Leonardo il Sellaio nella quale mi informa su alcune altre faccende di casa mia a Roma.
Roma, 5 febbraio 1518
Carisimo Michelagnolo, salute et cet. L’aportatore di questa sarà un mio nipote, al quale, parendovi, darete quella fighura, e lui me la manderà; e nonne arete tanto fastidio, restandovi ubrighato.
Piero se ne venne; sarà arivato. Lasc[i]ò le chiave al zio; chon faticha l’ò avute. Sono stato a chasa. È suto portato via quanto legname v’era; bene chredo sia chon vostro chonsentimento, pure ve ne aviso. E’ dichono avere arssii tutti que’ chartoni, ma non chredo di tutti. Doghomi, ma la volontà vostra s’à a eseguire, e io per piacervi meterei del mio sangue. Perché non mi pare stia a proposito dua tenghino le chiave di chasa, per la gelosia di quelle fighure, parendovi, darò loro tutte le chiave, c[i]oè di sotto.
Sì che rispondetemi la volontà vostra.Richordovi solecitare. E se voi vi fermassi a Pisa, mi parebe di mandarvi queste robe, perché n’arete di bisogno per gharzoni, masime di letti; e per mare chosterà pocho a mandalle, disegnato dove volete fermarvi. Avisate quelo volete fac[i]a, e tanto farò, ché nonn ò altro disidero che piacervi.Dominicho non m’à detto nulla de’ chasi vostri, chome se mai nonne avesi praticho niente di facende secho. Pier Francesco vi si rachomanda; e io vi richordo, nonne avendo a fare e’ libro delle misure della fac[i]ata, mi faciate quello schizo m’avete promesso. A voi mi rachomando e ofero la roba e lla vita metere’ per voi, ché nonn ò al mondo altro disidero che servirvi.Vostro Lionardo in Roma. Domino Michelagnolo schultore in Firenze.
Quel grande rogo forse fu il primo ma sicuramente non fu l’ultimo che mandò in cenere molti dei miei disegni. Il sempre vostro Michelangelo Buonarroti e i suoi racconti

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