Sfregi indimenticabili e restauri ineccepibili
Ci sono dei giorni in cui tutto sembra fermarsi. Sono quei giorni in cui ti crolla il mondo addosso e sembra non esserci stato passato, non c’è presente e il futuro pare non aver più senso.
M’è capitato parecchie volte durante la vita terrena di avere giornate sospese nel vuoto. E’ dopo la morte però che mi son sentito soffocare, perdere il respiro vitale ancora una volta, e poi un’altra e un’altra ancora fino a non poterne più.
Ho dato di matto? No, non ancora perlomeno.
Avete presente la mia Pietà Vaticana? La perfezione delle forme, il ricorrersi delle ombre o il gioco dei pieni e dei vuoi che la rende ineguagliabile e unica nel suo genere.
Chi mai avrebbe osato sfiorarla? Eppure proprio lei fu presa a martellate con una violenza inaudita. Fu un pazzo? Pare di sì ma a dirla tutta poco m’importa di quel tale lì… è il gesto che m’ha lasciato solo e disperato. Dinnanzi a tanto accanimento contro la bellezza eterea, raffinata e senza tempo mi ritrovai inerme alla stregua di quel marmo preso a martellate.
Il giorno dopo il misfatto, il 22 maggio del 1972, l’Osservatore Romano chiedeva a gran voce ai suoi lettori ” Potrà il capolavoro michelangiolesco ritornare al suo primitivo aspetto?”. Me lo chiedevo anch’io ripetutamente, quasi fosse un mantra, in quelle ore tremende e tormentate.
I restauratori avrebbero fatto un lavoro impeccabile, ne ero certo. Ma lei, la mia Pietà, qualunque cosa fosse successo da allora in poi, non sarebbe più tornata ad esser la stessa. Oramai il marmo era stato intaccato per sempre. La sua continuità era finita e non c’era modo di rimediare. Una frattura riparata rimane comunque una frattura, un segno della follia umana a futura memoria.
Laszlo Toth si accanì contro la mia opera sferrandole dieci colpi con un mazzuolo d’acciaio. Rimase sfregiata la nuca della Vergine, il volto e il lato sinistro del manto. La punta del naso non c’era più mentre gli occhi erano entrambi rovinati, rovinati per sempre. L’avambraccio sinistro si staccò di netto, cadde rovinosamente al suolo rompendosi in quattro pezzi. Un disastro completo, un dolore senza fine.
Il restauro della Pietà venne affidato a Redig De Campos che in quel frangente era alla direzione dei Musei e delle Gallerie Vaticane. I lavori si protrassero per un anno intero. Non furono poche le difficoltà affrontate da tutta l’equipe. Intervenire in maniera così importante su un’opera permanentemente sotto l’attenzione di tutto il mondo non è certo cosa facile.
La Pietà Vaticana dopo quel terribile giorno di maggio può essere osservata solamente a una distanza di sette metri, protetta da un vetro blindato. Non c’è dubbio che un po’ di poesia se ne sia andata e che la mia Pietà non sia più la stessa.
Il sempre vostro Michelangelo Buonarroti che ancora si meraviglia delle brutture del mondo e che non riposa affatto nell’altra orma dell’esistenza.

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