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Quella cassa di disegni

Mi trovavo in quel frangente a Roma e stavo aspettando che m’arrivassero i marmi partiti dall’Avenza. Nemmeno a farlo apposta: che ci fossero stati due giorni di tempo bono di fila ad assistermi!

Erano le prime carrate di marmo che mi sarebbero servite per cominciare a metter mano alla grandiosa tomba di papa Giulio II, ancora vivo, vegeto e combattivo.

Scrissi una lettera al mi babbo per sistemare alcune faccende pratiche. A Firenze avevo lasciato una buona quantità di disegni che mi sarebbero serviti a Roma così gli pregai di toglierli dal sacco in cui l’avevo messi e di sistemarli in una cassa. Se l’umidità avesse preso il sopravvento di quei disegni non avrei più saputo che farmene. Mi servivano e gli chiesi di inviarmeli al più presto.

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Siccome sapevo che per qualsiasi servigio, purché minimo che fosse, il mi babbo sempre mi chiedeva danari, misi un po’ le mani avanti dicendogli che non gli avrei spedito soldi per quell’incarico di poco impegno. Con lui c’era da esser chiari e schietti: era sempre a elemosinare danari da me.

Vi riporto la lettera integrale a seguire… fra le varie cose che ci scrissi troverete anche il riferimento alla Madonna di Bruges che nessuno avrebbe dovuto vedere prima dell’arrivo nelle Fiandre.

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Roma, 31 gennaio del 1506

Padre reverendissimo, i’ ò inteso per una vostra chome lo spedalingo non è mai tornato di fuora, per la qual cosa non avete potuto venire alla conchluxione del podere chome desideravi; io n’ò avuta passione anch’io, perché stimavo voi l’avessi oramai tolto. Dubito che llo spedalingo non sia andato fuora a arte, per non s’avere a spodestare di quella entrata e per tenere e’ danari e el podere. Avisatemi, perché, se così fussi, gli caver[e]i e’ mia danari di mano e cterre’gli altrove.

De’ chasi mia di qua io ne farei bene, se e’ mia marmi venissino; ma in questa parte mi pare avere grandissima disgratia, che mai, poi che io ci sono, sia stato dua dì di buon tempo. S’abacté a venirne più giorni fa una barcha che ebe grandissima ventura a non chapitar male, perché era contratempo; e poi che io gli ebbi scarichi, subito venne el fiume grosso e ricopersegli i’ modo che anchora non ò potuto cominciare a far niente; o pure do parole al Papa e ctengolo im bu[o]na speranza, perché e’ non si crucci meco, sperando che ‘1 tempo s’achonci ch’io cominci presto a llavorare, che Dio il voglia.Pregovi che voi pigliate tucti quegli disegni, cioè tucte quelle carte che io messi in quel sacho che io vi dissi, e che voi ne facciate un fardellecto e mandatemelo per uno vecturale. Ma vedete d’achonciarlo bene per amor dell’aqua, e abiate cura, quando l’achonciate, che e’ no’ ne vadi male una minima carta, e rrachomandatela al vecturale, perché v’è cierte cose che importano assai; e scrivetemi per chi voi me le mandate, e quello che io gli ò a dare.

Di Michele, io gli scrissi che mectessi quella cassa in luogo sicuro, al coperto, e poi subito venissi qua a rRoma, e che non manchassi per chosa nessuna. Non so quello s’arà facto. Vi prego che vo’ gniene ramentiate, e ancora prego voi che voi duriate un poco di faticha in queste dua cose, cioè in fare riporre quella cassa al coperto, in luogo sicuro; l’altra è quella Nostra Donna di marmo similmente vorrei la faciessi portare chostì in casa e non la lasiassi vedere a persona. Io non vi mando e’ danari per queste dua cose, perché stimo che sia pichola cosa; e voi, se gli dovessi achactare, fate di farlo, perché presto, se e’ mia marmi giungono, vi manderò danari per questo e per voi.

Michelangelo (1).jpg
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Io vi scrissi che voi domandassi Bonifatio a chi e’ faceva pagare a llucha quegli cinquanta ducati che io mando a Charrara a Macteo di Chucherello, e che voi iscrivessi el nome di cholui che gli à a pagare in sulla lectera che io vi mandai aperta, e che voi la mandassi a Charrara al decto Macteo, acciò che e’ sapessi a chi egli aveva a andare in Lucha pe’ e’ decti danari. Chredo l’arete facto; prego lo scriviate ancora a me a chi Bonifatio gli fa pagare in Lucha, acciò che io sappia el nome e possa scrivere a mMacteo a Charrara a chi egli à a ‘ndare in Lucha pe’ e’ decti danari. No[n] altro.

Non mi mandate altro che quello che io vi scrivo, e e’ panni mia elle camicie li dono a voi e a Giovan Simone. Pregate Dio che le mie cose vadino bene, e vedete di spendere a ogni modo per insino in mille de’ mia ducati in terre, come siano rimasti. A dì trentuno di giennaio mille cinque ciento sei.

Vostro Michelagniolo in Roma. Lodovicho, io vi prego che voi mandiate questa lectera che è fra queste che io vi mando, che va a Piero d’Argiento, e prego che voi facciate che e’ ll’abbi. Chredo che per la via degl’Ingiesuati l’andrebbe bene, perché spesso vi suole andare di que’ frati. Io ve la rachomando. Al Lodovicho di Lionardo di Buonarrota Simoni in Firenze. Data nella Dogana di Fiorenza.

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