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Quei miei disegni che Cosimo I volle a tutti i costi

Cosimo I de’ Medici aveva un gran desiderio: quello di riuscire a mettere assieme una bella collezione di disegni realizzati dai grandi artisti del suo tempo.

Quando pensò a questa interessante raccolta, io mancavo da lungi da Firenze e il duca aveva di mio ben poco fra le mani. Sapeva bene che se mi avesse chiesto direttamente uno o più disegni gli avrei risposto picche.

Erano doni che facevo solo a chi mi pareva a me e lui che mai m’era mai andato a genio, non avrebbe ottenuto nulla come d’altro canto nulla ottenne l’Aretino.

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Agì allora in maniera strategica e iniziò a far pressione sul mio amato Tommaso de’ Cavalieri per ottenere almeno un disegno mio. Nemmeno attese la morte mia per portare a compimento il suo progetto. Nel 1562, un paio d’anni prima che morissi, obbligò di fatto Tommaso a cedergli la stupenda Testa di Cleopatra, oggi appartenente alle collezioni di Casa Buonarroti.

A malincuore dovette cedere e fece arrivare l’opera a Firenze accompagnata da una dolorosa lettera nella quale metteva nero su bianco che privarsi della Cleopatra mia, equivaleva quasi alla straziante perdita di un figlio. 

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Dopo circa un mese dalla mia morte avvenuta il 18 febbraio del 1564, Cosimo I scrisse a Serristori, suo ambasciatore a Roma, che il fatto che avessi bruciato così tanti disegni, non era stato un atto degno di me.

Era come se già li considerasse cosa sua e averglieli sottratti dalle mani bruciandoli, per lui era un affronto troppo grande da sopportare. Beh non è che li avessi bruciati per far un torto a lui ma in ogni modo ne avevo ridotti parecchi in cenere.

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Intervenne il Vasari a fare da mediatore fra la furia di Cosimo I e il mio erede universale: il nipote Lionardo. In un’accorata lettera gli consigliò vivamente di chiedere perdono al duca e di regalargli tutto quello che di mio c’era nello studio di Via Mozza a Firenze.

…né mi parria fuor di proposito, Messer Lionardo mio che la S.V. scrivessi una lettera a S.E.I., dolendovi della perdita che à fatto la città e S.E.I. in questa morte, e che, non avendo lassato Michelagnolo né disegni, né cartoni, né modegli, come ò visto che scrivete, vi dogliate, perchè avevi disegniato fargniene parte.

Ma poi che se n’è ito et non avendo lassato se non voi, che in fede et in servitù sarete il medesimo che vostro zio e che, poi che di qua non è se non le cose di via Mozza, che quelle saranno, se gli piaceranno, sue, pregandolo che e’ non manchi aver la medesima protezione a voi vivo, che aveva Michelagniolo inanzi che fussi passato a l’altra vita.

Dalla lettera scritta dal Vasari a Lionardo Buonarroti il 4 marzo del 1564
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Lionardo senza proferir parola seguì quello che pareva essere più che un consiglio. Pensando fosse ancora poco regalò pure a Cosimo I la Madonna della Scala e si attivò subito per riacquistare i miei disegni che già erano stati messi in vendita sul mercato romano.

Per il momento il vostro Michelangelo Buonarroti vi saluta dandovi appuntamento ai prossimi post e sui social.

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