La fontana di Sala Grande dell’Ammannati e i consigli che diedi a Cosimo I
Il duca di Firenze Cosimo I de’ Medici, per celebrare in grande la realizzazione del primo grande acquedotto fiorentino, volle commissionare all’Ammannati una fontana che entrasse nel cuore pulsante del potere dell’epoca: Palazzo Vecchio.
Chi poteva realizzare quella fontana? Ebbene, dopo la morte di papa Giulio III, nel 1555, Bartolomeo Ammannati fece ritorno a Firenze su pressione del Vasari che da un anno già stava lavorando alla corte di Cosimo I.
Fu proprio l’Ammannati che si mise al lavoro per progettare quella fontana da sistemare davanti alla tribuna del Bandinelli dentro la Sala Grande, ovvero quello che oggi si chiama Salone dei Cinquecento. Un lavoro grandioso che come scrisse il Vasari era ricco e bellissimo ornamento di colonne e di statue di marmo e di bronzo.

Purtroppo a volte le cose vanno in modo diverso da quello sperato e la fontana non venne ultimata. L’Ammannati dovette interrompere i lavori per dedicarsi alla realizzazione della Fontana del Nettuno e quella per la Villa di Castello.
Gli zampilli dell’acqua non solo avrebbero rinfrescato il salone anche nelle giornate più calde ma avrebbero decorato in modo sontuoso l’ambiente celebrando Cosimo I e la realizzazione del’acquedotto che era stata fatta sotto il suo dominio.

Francesco I, anni dopo, posizionò le sculture realizzate fra il Giardino di Pratolino e il Giardino di Boboli. Dal 1973 le opere appartengono alle collezioni del Museo Nazionale del Bargello.
Proprio nel cortile del Bargello è stata realizzata una ricostruzione della fontana. Al centro troneggia Cerere con ai lati le personificazioni dei fiumi Arno e la Fonte di Parnaso che allude ai territori di Siena che erano stati conquistati da Cosimo I. La Prudenza nelle vesti di un giovanotto fa da pendant a Flora che in questo caso fu pensata lì dall’Ammannati come allegoria di Firenze.
In alto seduta sull’arcobaleno di marmo c’è Giunone in mezzo a due pavoni: gli animali che per lei erano sacri. Si vocifera che Giunone potesse essere un omaggio alla bella Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I.

Le simbologie della Fontana di Sala Grande però mica finiscono qua. L’intera fontana allude infatti ai quattro elementi ovvero aria, terra, fuoco e acqua. Giunone rappresenta l’aria mentre la saetta che stringe in pugno il fuoco. La terra è in questo caso personificata da Cerere mentre l’acqua viene raffigurata attraverso il fiume Arno a sinistra e la Fonte del Parnaso a destra.
Il progetto della fontana dell’Ammannati garbò tanto anche a me e assai mi dolgo del fatto che mai venne portato a compimento. Il Vasari mi mandò a Roma sia il modello della Sala Grande che il disegno della Fontana grande ideata dallo scultore.
Presi carta e penna e scrissi a Cosimo I per dirgli di ritoccare un po’ l’altezza del Salone come poi in effetti fece. Approfittai anche per sottolineare quanto quella fontana mi piacesse. Vi riporto a seguire la lettera per intero.
Inlustrissimo signor Duca, io ho visto e’ disegni delle stanze dipinte da messer Giorgio e il modello della sala grande con il disegnio della fontana di messer Bartolommeo che va in detto luogo.
Circa alla pictura, m’è parso veder cose maravigliose, come sono e saranno tutte quelle che sono e saran fatte sotto l’ombra di Vostra Eccellenza.

Circa al modello della sala, così come è, mi par basso; bisognerebbe, poiché si fa tanta spesa, alzarla almeno braccia 12. Circa alla corretione del palazo, a mme pare, per i disegni che io ho visti, non si potesse accommodar meglio.
Quanto alla fontana di messer Bartolomeo, che va in detta sala, mi pare una bella fantasia e che riuscirà cosa mirabile; del che io prego Dio che vi dia lunga vita, acciò che quella possa condurre e queste e dell’altre cose.
Circa alla fabrica de’ Fiorentini qua, mi duole esser sì vechio e vicino alla morte per non poter sadisfare in tutto al desiderio suo; pur, vivendo, farò quanto potrò e a quella mi raccomando.Di Roma, il dì 25 di aprile 1560.
Di Vostra Eccellenza illustrissima servitore Michelagniolo Buonarroti.A l’illustrissimo duca di Fiorenza.

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Resto sempre ammirata osservando quanto uno scultore riesce a ricavare da un marmo, una pietra, un legno: qui, la leggerezza dei drappi e il loro “movimento” sono un miracolo di arte e maestria.
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Per quanto fosse stato criticato per la Fontana del Tritone, anche l’Ammannati era un grande scultore
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Vero. Grazie e buon fine settimana.
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Ottimo articolo molto ben documentato, grazie, complimenti
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