Scandalose oscenità o divine pitture?
Mentre papa Paolo III cadde in ginocchio pregando non appena vide il Giudizio Universale terminato, i più bigotti cominciarono a mormorare.
Che l’Aretino m’avrebbe dato contro già lo sapevo ma quella era una vecchia storia. M’aveva tartassato per anni: a tutti i costi voleva un mio disegno ma mai glie lo concessi. Si vendicò scagliandosi contro il Giudizio Universale classificando l’opera mia come roba da bordello. Fateci caso: quasi sempre chi grida allo scandalo conserva nella mente sua le cose più perverse e talvolta non solo nella mente.
Dolce, nel suo Dialogo alla Pittura scrisse nel 1557 “Non mi par molta lode che gli occhi de’ fanciulli e delle matrone e delle donzelle veggano apertamente in quelle figure, la disonestà che dimostrano, e solo i dotti intendano la profondità delle allegorie che nascondono”.
Anche ai miei tempi non erano tutti bigotti però. Mi scrisse il Doni: “Suonami nell’orecchie la fama del Giudicio: il quale penso che, per la bellezza sua, in quel dì che Cristo verrà in divinità, meritarà che egli imponga che tutti taccino quelle attitudini, mostrino quella bellezza, e l’Infero tenga quella tenebra che Voi avete dipinte, per non si potere migliorare”.
Niccolò Machiavelli rimase affascinato dal mio lavoro e mi scrisse una lettera piena di lodi. Dal canto mio gli risposi il giorno di Santa Barbara, il 4 dicembre del 1541: “Vedo che voi credete io sia proprio come Dio a voluto che fossi. Sono un pover’uomo di scarso pregio e mi logoro nella pratica del talento di cui Dio mi ha dotato, e questo per prolungare la vita mia quanto più a lungo possibile”.
Il sempre vostro Michelangelo Buonarroti