La Fontana del Facchino
Visto che c’ho preso gusto continuo a raccontarvi le fontane di Roma. Oggi vi propongo quella del Facchino. L’avete mai vista?
La figura principale ha le sembianze di un uomo con il volto assai consumato ma più che dal tempo dai ragazzi che lo prendevano a sassate anni or sono. Fra le mani stringe un a botticella dalla quale zampilla l’acqua che ricade nella piccola vasca sottostante.
Di tutte le sculture parlanti a Roma, questa è la meno antica. Le sculture parlanti sono quelle a cui anonimi cittadini affidavano satire irriverenti, quasi sempre a indirizzo del potente di turno: le celeberrime pasquinate.

Fu scolpita nel 1580 da Jacopo del Conte su commissione della Corporazione degli Acquaroli. No io non ho a che fare con questa fontana nonostante la voce che mise in giro in Vanvitelli.
Chi erano gli acquaroli? Ebbene, erano questi personaggi che andavano in giro per la città vendendo acqua porta a porta prima che i papi, a partire dalla fine del Cinquecento, iniziarono a ripristinare i vecchi acquedotti con le relative diramazioni.
La Fontana del Facchino non è sempre stata lì dove la vedete oggi, sulla facciata laterale del Palazzo del Banco di Roma, in via Lata. Al tempo di Gregorio XIII era nella più centrale via del Corso, sulla facciata principale dello stesso palazzo che però allora era noto come Palazzo de Carolis Simonetti.

La fontana aveva inciso un’epigrafe in latino oggi scomparsa che più o meno così recitava: ”Ad Abbondio Rizio, coronato [facchino] sul pubblico selciato, valentissimo nel legar fardelli. Portò quanto peso volle, visse quanto poté; ma un giorno, portando un barile di vino in spalla e dentro il corpo, contro la sua volontà morì.”
Il sempre vostro Michelangelo Buonarroti e i suoi racconti

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