Il bastone e riposo della mia vecchiezza prima di me morì
Era il 3 gennaio del 1556 quando Urbino morì. Fu un mio allievo fedele e stette al mio fianco per 25 anni. S’era ammalato nel giugno dell’anno precedente e il 25 novembre del 1555, già molto provato, scrisse le sue ultime voontà nominandomi esecutore testamentario e tutore dei suoi figli.
In una lettera che scrissi al mi nipote Lionardo prima che Urbino morisse, gli dissi d’essere talmente rattristato che mi pareva quasi di perdere un figliolo. Gli chiesi di pregare per la sua salute sempre più precaria ma il povero Urbino alla fine dovette ritornare dal Padre Celeste.
A sette settimane di distanza da quella perdita incolmabile, ripresi carta e penna per scrivere una lettera al mio amico Vasari, intrisa di dolore e sconforto. Ve la ripropongo a seguire.
Roma, 23 Febbraio 1556
Messer Giorgio mio caro,
io posso male scrivere, per risposta alla vostra lettera, dirò qualche cosa. voi sapete come Urbino è morto: di che m’è stato grandissima grazia di Dio, ma con grave mio danno e infinito dolore. La grazia è stata che, dove in vita mi teneva vivo, morendo m’ha insegnato morire non con dispiacere, ma con il desiderio della morte. Io l’ho tenuto ventisei anni, e hollo trovato rarissimo e fedele; ed ora che lo avevo fatto ricco, e che io l’aspettavo bastone e riposo della mia vecchiezza, m’è sparito, ne m’è rimasta altra speranza che di rivederlo in paradiso. E di questo m’ha mostro segno Iddio per la felicissima morte che ha fatto, che, più assai che ‘l morire, gli è incresciuto lasciarmi in questo mondo traditore con tanto affanni; benchè la maggior parte di me n’è ita seco, nè mi rimane altro che una infinita miseria.
A voi mi raccomando e pregovi, se non v’annoia, chje facciate mie scusa con messer Benvenuto del non rispondere alla sua, perchè m’abbonda tanta passione in simil pensieri, ch’io non posso scrivere. E rachomandatemi a llui, e io a vo’ mi raccomando. Vostro Michelangelo Buonarroti in Roma.
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