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San Paolo

Oggi voglio raccontarvi un po’ di cose sul mio San Paolo che scolpii per l’Altare Piccolomini di Siena che forse ancora non conoscete.

L’altare fu iniziato nel 1481 dallo scultore milanese da Andrea Bregno, a poca distanza dall’ingresso della celeberrima libreria affrescata successivamente da Pinturicchio e aiuti, fra il 1502 e il 1507. Nel 1485 la realizzazione della parte architettonica del complesso era stata terminata dal Bregno ma mancava tutta la decorazione scultorea. Prima l’incarico venne affidato al Torrigiano che fu liquidato dopo aver scolpito il San Francesco poi passò a me.

Firmai il contratto il 19 giugno del 1501 impegnandomi a realizzare quindici sculture nell’arco di tre anni per un compenso complessivo di 500 ducati. Fu una commissione secondaria, affidatami in un periodo di enormi impegni lavorativi. Ecco perché dopo aver dato forma al San Paolo, San Pietro, il Vescovo Pio e Papa Gregorio, lasciai perdere. Abbandonai la commissione ma mi portai questo peso come un grande fardello sulla coscienza fino al punto di parlarne ancora a ottantasei anni in una lettera.

Era rimasto in sospeso anche il compenso economico… già ero stato pagato dal Piccolomini l’intera cifra pattuita e la risoluzione della parte economica avvenne solo dopo il mio decesso, per intermediazione del mi nipote Lionardo con gli eredi del committente.

Non viene fatta menzione di queste quattro sculture nelle Vite del Vasari ma nemmeno nella biografia del Condivi che notoriamente fa fede a quella del precedente biografo. Probabilmente fui io a non desiderare che venisse menzionato l’Altare Piccolomini forse perché lo consideravo un lavoro minore o forse perché il rimorso per non aver portato a termine quel lavoro continuava a logorarmi.

La prima testimonianza scritta di questa commissione viene riportata nei testi di monsignore Fabio Chigi che salì poi al soglio di Pietro col nome di papa Alessandro VII.

Delle quattro opere che realizzai, la più pregevole è il San Paolo. Rispetto alle altre è più curata sia per quanto riguarda la posa complessiva che la finitezza dei particolari.

Avevo fretta di abbandonare il lavoro: a Firenze m’aspettava quell’enorme blocco da scolpire… amavo le sfide con me stesso e avrei fatto di tutto per avere fra le mie mani quel blocco seppur difettato.

Il sempre vostro Michelangelo Buonarroti con i suoi racconti

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