Il mi babbo non voleva lo comprassi
Investire in poderi mi piaceva. Di soldi ne guadagnavo assai e mai artista, prima di me, fu così ricco guadagnando con le sue opere non solo una fama eterna, ma anche un monte di palanche. Che ci facevo con tutti quei soldi? Io poco, ditelo a mio padre e ai miei fratelli. La mia vita parca e modesta è finita spesso accusa dai contemporanei e anche dai posteri: “è tirchio, non spende nulla…mette tutto da parte e pensa solo all’arte”. E che ci volete fare? Della vita mondana poco m’importava.
Mi sarebbe garbato che la mia famiglia d’origine acquistasse un po’ di prestigio a Firenze, che diventasse facoltosa e rispettata. Fra i miei fratelli e il mi babbo però, non si sa chi era più disgraziato. Non avevano il minimo senso degli affari ed eran bravi solo a scialacquare senza ritegno, ad avviare imprese già in partenza fallimentari e via discorrendo.
Il 2 Maggio del 1521, il mi babbo Lodovico mi scrisse una lettera in merito a un terreno che avrei voluto compare. Il podere apparteneva a Piero Busini e a occhio mi pareva potesse essere un buon affare. Al mi babbo però non gli garbava per nulla e si preoccupò di farmelo sapere. Secondo lui su quel terreno lì sarebbe cresciuto poco grano, non c’erano olivi per l’olio, né bestie, ne legname ma solo un vigneto di dubbia qualità.
Vi propongo la lettera che mi scrisse, zeppa di preoccupazioni. Oh, aveva paura mi stessero ingannando facendomi pagare un terreno molto più de suo valore di mercato.
Settignano, 2 Maggio 1521
Michelangniolo, ieri Lapo mi ragionò del podere di Piero Busini, e disse che il podere ti piacieva e che ctu gli avevi proferto tre mila duchati.
Io ti dicho, se ti piacie, che ctu lo chomperi, in quanto ti paia; ma bene ti dicho che ctu vadia a sentito, perché tu sse’ alle mani chon male persone. Io chredo che Piero Busini sia grande busbachatore, e Andrea Chambini non à buona bocie.
Per tanto apri gli occhi. E più ti dicho che a cchaso, im bottegha de’ Granacci, intesi che chotesto podere non passava venti dua moggia di ghrano in tucto. Chredo te lo dieno per più rendita assai che non rende.
Per tanto abbi buono chonsiglio, imperò che tre mila duchati sono lo stato d’ongni huomo. E più intendo che il podere non è universale non fa holio, non v’è lengnie, non tiene bestie, e el vino che fa bisongnia chuocierlo che vagliono più le lengnie che ‘l vino, e ciento barili tornano venti cinque. Per tanto, abbine buono chonsiglio, e pensa dove si smaltiscie chotesto vino, e quanta servitù bisongnia a chuocierlo e a chondurlo.
Se fussi una chompera che tu fussi inghannato ciento fiorini, io direi ‘Lasciati inghannare’; ma chotesta mi pare una spesa da non si lasciare inghannare, perché io penso che chotesta sia uno inghanno di più di ciento fiorini.
Nondimancho fa’ quanto ti pare e quanto tu se’ chonsigliato; e sopra tutto fa’ d’avere buono chonsiglio chon chotesto Piero. Io ti schrivo quanto l’animo mi dicie; nondimancho io mi potrei inghannare, e ‘1 mio oppennione potrebbe essere falso.
Tu che ài veduto puoi giudichare el chaso in verità. Io non so quello mi dicho, perché non ò veduto, ma parlo in su quello che già ò sentito. Non ghuardare a mme, se ti piacie, ma sopra tutto va’ chop buono chonsiglio.
Altro per questa. Christo ti ghuardi. A dì 2 di magio 1521. Lodovicho a Sectigniano. Michelangniolo di Lodovico. In Firenze.
Il sempre vostro Michelangelo Buonarroti che vi lascia, prima di salutarvi, il dipinto di Signorini con un giardino di Settignano.