Cappella Paolina: quel perizoma e quei chiodi che non affrescai
Se fosse dipeso solo dalla mia volontà, non mi sarei imbarcato a 67 anni suonati nell’avventura degli affreschi paolini, ultimati a 75 anni.
L’affresco richiede un impegno fisico che poco si addiceva a un uomo di quell’età. Dovete ritornare indietro con il pensiero, a quando nel Cinquecento, chi riusciva a superare indenne l’infanzia, poteva sperare di vivere fino a 50 o al massimo 60 anni.

Non potevo però dire di no a papa Paolo III e così mi misi al lavoro. La Cappella Paolina era ed è tutt’oggi dedicata congiuntamente a San Pietro e Paolo, che rappresentano rispettivamente la legittimità della Chiesa per incarico diretto di San Pietro da Cristo e il suo fondamento dottrinale attraverso le lettere e la predicazione di San Paolo.
Il loro ruolo nella creazione della Chiesa aveva particolare significato proprio in quell’ambiente, dove lo stesso pontefice celebrava la Messa e i cardinali si riunivano durante i conclavi prima entrare in Conclave nell’adiacente Cappella Sistina.
Sulla parete sinistra affrescai la Conversione di Saulo che mostra il momento dell’illuminazione di san Paolo all’inizio del suo ministero, mentre sulla parete opposta realizzai la Crocifissione di San Pietro con la conclusione del ministero di San Pietro e la sua ultima espressione di fede dinanzi al martirio.
Nella Paolina puntai molto di più sull’emotività rispetto alla monumentalità del Giudizio Universale. Iniziai a metter mano agli affreschi nel momento in cui la riforma italiana e la riconciliazione con i protestanti sembrava ancora possibile.
Proprio negli affreschi paolini si ritrova l‘espressione dei principi cardine degli Spirituali con i quali familiarizzavo in quel momento. C’è infatti il rapporto diretto con Dio e un’attenzione particolare sulla fede individuale.
Nella Conversione di Saulo, il persecutore dei Cristiani viene folgorato sulla Via di Damasco da Cristo che gli domanda perché lo stesso lo perseguiti. Accecato dalla luce divina, Saul viene disarcionato mentre i soldati guardano interdetti ciò che sta accadendo.
Volli mostrare quella scena come un evento quasi violento che accade senza dare alcun potere a chi da quel momento in poi crederà in Dio.
Quel patto stretto con Dio del tutto personale si ritrova anche nell’affresco della Crocifissione, dove i precursore dei papi viene martirizzato rendendo conto personalmente al suo Creatore.
Entrambe scelte audaci ma non solo. A poca distanza di tempo dalle critiche feroci che bersagliarono il Giudizio Universale, non esitai nel mostrare Pietro completamente nudo sulla croce: quel corpo privo di orpelli era la figurazione della nudità dell’anima davanti al giudizio di Dio.
Nemmeno volli fissare con i chiodi Pietro alla Croce, alludendo esplicitamente alla propria disponibilità verso il martirio per la sola forza della sua fede.
I chiodi e il perizoma sono aggiunte successive e non certo di mano mia tanto che in un disegno precedente a quella censura di Lelio Orsi si vede bene la loro mancanza.
E poi c’è lo sguardi di Pietro che osserva gli spettatori dritto negli occhi. In quel luogo frequentato da papi e cardinali, è un monito e un richiamo a seguire il suo esempio lasciando da parte le tentazioni mondane.
Per il momento il sempre vostro Michelangelo Buonarroti vi saluta dandovi appuntamento ai prossimi post e sui social.
Pauline Chapel: That Loincloth and Those Nails I Didn’t Fresco
If it had depended solely on my own will, I would not have embarked at the ripe old age of 67 on the adventure of the Pauline frescoes, which I completed at 75.
The fresco requires a physical commitment that is ill-suited to a man of that age. You have to think back to the 16th century, when those who managed to survive childhood unscathed could hope to live to 50, or at most 60.
But I couldn’t say no to Pope Paul III, so I got to work. The Pauline Chapel was and still is jointly dedicated to Saints Peter and Paul, who respectively represent the legitimacy of the Church
by direct commission from Christ to Saint Peter and its doctrinal foundation through the letters and preaching of Saint Paul.
Their role in the creation of the Church was particularly significant in that very setting, where the pontiff himself celebrated Mass and the cardinals gathered during conclaves before entering the Conclave in the adjacent Sistine Chapel.
On the left wall, I frescoed the Conversion of Saul, which depicts the moment of St. Paul’s enlightenment at the beginning of his ministry, while on the opposite wall, I painted the Crucifixion of St. Peter, depicting the conclusion of St. Peter’s ministry and his final expression of faith in the face of martyrdom.
In the Pauline Chapel, I focused much more on emotion than on the monumentality of the Last Judgment. I began working on the frescoes at a time when the Italian Reformation and reconciliation with the Protestants still seemed possible.
The Pauline frescoes express the core principles of the Spirituals, with which I was familiar at that time. They emphasize a direct relationship with God and a particular focus on individual faith.
In the conversion of Saul, the persecutor of Christians is struck by lightning on the Road to Damascus by Christ, who asks him why he persecutes him. Blinded by divine light, Saul is unhorsed while the soldiers watch in astonishment.
I wanted to portray that scene as an almost violent event, occurring without granting any power to those who from that moment on believe in God. That entirely personal pact with God is also found in the fresco of the Crucifixion, where the precursor of the popes is martyred, personally accountable to his Creator.
Both were bold choices, but not only that. Shortly after the scathing criticism that targeted the Last Judgment, I did not hesitate to show Peter completely naked on the cross: that body devoid of ornaments was the figuration of the nakedness of the soul before God’s judgment.
Nor did I want to nail Peter to the Cross, explicitly alluding to his own willingness to martyrdom through the strength of his faith alone.
The nails and loincloth are later additions and certainly not by me, so much so that in a drawing prior to Lelio Orsi’s censorship, their absence is clearly visible.
And then there’s Peter’s gaze, looking the spectators straight in the eye. In that place frequented by popes and cardinals, it’s a warning and a call to follow his example, casting aside worldly temptations.
For now, yours truly, Michelangelo Buonarroti bids you farewell, and says he’ll see you in future posts and on social media.

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