I passaggi di proprietà della Pietà Bandini
Come vi ho raccontato qualche giorno fa, è iniziato il restauro della Pietà Bandini, detta anche dell’opera del Duomo.
Approfitto di questa occasione per raccontarvi tutti i passaggi di proprietà di quest’opera. Una storia lunga e senza la mancanza di colpi di scena a cominciare quando preso dalla rabbia la presi a martellate.
Ancora non era terminata e probabilmente a causa di una venatura di silicio nel marmo, la gamba del Cristo si staccò di netto. Il mio temperamento lo conoscete: mi sentìì così impotente davanti a quell’incidente che iniziai a sferrare sull’opera martellate ben assestate. La volevo distruggere.

Mi fermai prima di disintegrarla completamente e regalai quel moncone d’opera assieme a tutti i frammenti al mio caro servitore Antonio da Casteldurante.
Antonio si occupò di farla rimettere in sesto da Tiberio Calcagni che ci mise pure del suo. Non si limitò a incollare e imperniare i pezzi caduti ma proseguì nella modellatura della Maddalena ottenendo un risultato a dir poco improbabile.
Antonio la cedette al banchiere Francesco Bandini per un costo di 200 scudi. Ecco perché ancora oggi viene chiamata Pietà Bandini. Lui la sistemò nel suo giardino a Montecavallo.

Dopo quasi un secolo, i suoi eredi vendettero di nuovo l’opera che entrò a far parte dei possedimenti del cardinale Luigi Capponi. Era l’anno 1649. LA fece collocare nel suo palazzone di Montecitorio ma già quattro anni dopo si trovava nel palazzo Rusticucci Accoramboni.
Insomma, sembra che la mia Pietà Bandini non trovasse pace alcuna e venisse spostata frequentemente. Ma le sue avventure e passaggi di proprietà mica finiscono qua.
Il 25 luglio del 1671, Piero Capponi, pronipote del cardinale, la volle vendere a Cosimo III de’ Medici ovvero al Granduca di Toscana, grazie alla intercessione di un gentiluomo romano alla corte fiorentina, il Falconieri.

Per altri tre anni però la Pietà rimase sul suolo romano perché trasportarla risultava più difficile di quanto sembrasse in un primo momento. Finalmente nel 1674 l’opera venne imbarcata su un bastimento a Civitavecchia alla volta di Livorno.
Da lì poi prese la via d’acqua dell’Arno e giunse a Firenze dove fu messa nei sotterranei della Basilica di San Lorenzo. Fino al 1722 rimase lì dentro a prender polvere fino a quando Cosimo III si decise a farla posizionare dietro l’altare maggiore del Duomo di Santa Maria del Fiore.

…ma non è ancora finita…la Pietà era destinata a spostarsi ancora quasi non trovasse un luogo adatto alla sua permanenza.
Nel 1933 la Pietà fu traslata fino alla Cappella di Sant’Andrea ma di lì a poco sarebbe cominciata la Seconda Guerra Mondiale. Assieme ad altre opere, dal 1942 al 1945, fu sistemata negli appositi rifugi che erano stati allestiti dentro il duomo per proteggere quei capolavori da eventuali bombardamenti e possibili depredazioni.

-Dopo la guerra, la Pietà Bandini fu messa di nuovo nella Cappella di Sant’Andrea. Nel 1981 si pensò fosse giunto il momento di trovare per lei una collocazione che la valorizzasse al meglio.
Ecco che trovò posto dunque nel Museo dell’Opera del Duomo. Ci fu un altra ragione che spinse a optare per una collocazione migliore: pochi anni prima era stata presa a martellate la Pietà Vaticana.
Con l’importante rinnovamento del museo, a partire dal 2015 la Pietà Bandini fu sistemata nella sala Tribuna Michelangelo dove è possibile vederla in restauro da qualche giorno fa fino alla prossima estate 2020. L’opera si trova al di sopra di un basamento rialzato che un po’ simula l’altezza dell’altare a cui era destinata in principio.
Il sempre vostro Michelangelo Buonarroti con i suoi racconti.
