Quel Natale del 1518
Un Natale tribolato fu quello del 1518. Lo passai a Firenze fra mille angosce: c’erano i marmi da cavare in quel di Seravezza per la facciata della Basilica di San Lorenzo, il Cristo Portacroce per Metello Vari non ancora terminato fermo a Pisa perché l’Arno era asciutto come non mai e altri marmi in parte fermi ancora a Carrara…insomma, quello non fu uno dei miei periodi migliori.
Pochi giorni prima di quel Natale, scrissi una lettera a Lionardo il Sellaio che stava a Roma dove non feci segreto del mio stato d’animo e delle questioni che mi stavano schiacciando. Ve la ripropongo a seguire.
Firenze, 21 Dicembre 1518
Lionardo, io sono sollecitato da voi per l’ultima vostra, e òllo molto charo perché vego che voi lo fate per mio bene; ma io vi fo bene intendere che tal sollecitamenti, per un altro verso, mi sono tucti choltellate, perché io muoio di passione per non potere fare quello che io vorrei, per la mia mala sorte.
Stasera fa octo dì tornò Pietro che sta mecho da Portovenere, chon Donato che sta mecho là a Charrara per chonto del charichare e’ marmi, e lasciorno a Pisa una schafa charicha, e non è mai chomparita perché non è mai piovuto e Arno è secho a facto; e altre quatro schafe sono im Pisa, soldate per questi marmi, che, chome e’ piove, verranno tucte chariche, e chomincierò a llavorare forte. Io sto per questo chonto peggio chontento che uomo che sia nel mondo.
Io sono anchora sollecitato da messer Metello Vari della sua figura, che è anche là im Pisa e verrà in queste prime schafe. Io non gli ò mai risposto, né anche voglio più schrivere a voi finché io non ò chominciato a llavorare; perché io muoio di dolore, e parmi essere diventato uno ciurmadore chontro a mia voglia.
Ò a ordine qua una bella stanza, dov’io potrò rizare venti figure per volta; non la posso coprire perché in Firenze non ci è legniame e no ne può venire se e’ non piove. E non chredo oramai e’ piova ma’ più, se non quando m’arà a far qualche danno.Del Chardinale, non vi dicho gli diciate altro, perché so che gli à chactiva impressione de’ facti mia; ma lla sperientia lo farà presto chiaro. Rachomandatemi a Sebastiano, e io a voi mi rachomando. Vostro Michelagniolo in Firenze. Al mio charo amicho Lionardo sellaio ne’ Borg[h]erini in Roma.
Il vostro Michelangelo Buonarroti e le sue eterne tribolazioni