Una posizione da capogiro
Affrescare il centro della volta non fu cosa da poco.
Mi ritrovavo spesso a dipingere ritto in piedi e con il capo all’indietro per guardare verso l’alto. Rimanevo così tanto in quella posizione innaturale che mi capitava di non capire più quale fosse il basso e quale fosse l’alto.
Non c’era giorno che non avessi capogiri e spesso perdevo il senso dell’orientamento. Non sapevo se avevo i piedi per aria e la testa sotto o al contrario.
Scrisse il mio caro amico Giorgio Vasari nelle Vite: “Fu condotta questa opera con suo grandissimo disagio dello stare a lavorare col capo allinsù, e talmente aveva guasto la vista, che non poteva legger lettere, nè guardar disegni se non allinsù: che gli durò poi parecchi mesi (…) e stupisco che Michelangiolo regessi tanto a quel disagio. Imperò acceso ogni dì più dal desiderio del fare, ed allo acquisto e miglioramento che fece, non sentiva fatica né curava disagio”.
Ascanio Condivi racconta la medesima cosa scrivendo che “Alla fine del lavoro, Michelangelo, che era stato tanto tempo in posizione malcomoda, con gli occhi alzati verso la volta. non riusciva più a vedere guardando all’ingiù, e per leggere uno scritto un po’ minuto doveva tenerlo sollevato con le braccia sopra il capo”.
Vi sarà sicuramente capitato sentito dire che dipinsi sdraiato ma è una diceria senza fondamento. Non lo feci perché non avevo motivo di permanere in quella posizione così scomoda che rende praticamente impossibile la produzione di qualcosa di bello. Vi ho raccontato per filo e per segno come probabilmente è nata quella diceria e come è stata diffusa QUA.
Quattro anni a dipingere spesso a testa in su non furono semplici e la mia vista ne subì conseguenze che mi portai dietro per anni.
In un sonetto caudato assai celebre, scrissi al mio amico Giovanni da Pistoia qual era la posizione che ero costretto a tenere per ore.
I’ ho già fatto un gozzo in questo stento,
coma fa l’acqua a’ gatti in Lombardia
o ver d’altro paese che si sia,
c’a forza ‘l ventre appicca sotto ‘l mento.
La barba al cielo, e la memoria sento
in sullo scrigno, e ‘l petto fo d’arpia,
e ‘l pennel sopra ‘l viso tuttavia
mel fa, gocciando, un ricco pavimento.
E’ lombi entrati mi son nella peccia,
e fo del cul per contrapeso groppa,
e ‘ passi senza gli occhi muovo invano.
Dinanzi mi s’allunga la corteccia,
e per piegarsi adietro si ragroppa,
e tendomi com’arco sorïano.
Però fallace e strano
surge il iudizio che la mente porta,
ché mal si tra’ per cerbottana torta.
La mia pittura morta
difendi orma’, Giovanni, e ‘l mio onore,
non sendo in loco bon, né io pittore.
Accompagnai il sonetto con un autoritratto sommario in cui mostravo al destinatario dei versi quale fosse la mia posizione mentre lavoravo alla volta della Cappella Sistina.
Ma non è finita qui. Esistono fogli miei autografi appartenenti alla Biblioteca Apostolica Vaticana in cui elencavo una serie di rimedi e ricette utili per curare i disturbi alla vista come questo: “…A rrossore d’ochi recipe sugo di menta e sugo di foglie d’orbaco e cocolla polveresata e stempereata insieme, e adopera chome lentichie e poi ne resolve a’ tuoi bisogni chon lacte di femina lattante e opera negli ochi…“
Per il momento il vostro Michelangelo Buonarroti vi saluta dandovi appuntamento ai prossimi post e sui social.
A dizzying position
Frescoing the center of the vault was no small feat.
I often found myself painting standing upright and with my head backwards, to look upwards. I remained in that unnatural position for so long that I sometimes no longer understood which was down and which was up.
There wasn’t a day that I didn’t feel dizzy and I often lost my sense of direction. I didn’t know if I had my feet in the air and my head down or upside down.
My dear friend Giorgio Vasari wrote in the Lives: “Fu condotta questa opera con suo grandissimo disagio dello stare a lavorare col capo allinsù, e talmente aveva guasto la vista, che non poteva legger lettere, nè guardar disegni se non allinsù: che gli durò poi parecchi mesi (…) e stupisco che Michelangiolo regessi tanto a quel disagio. Imperò acceso ogni dì più dal desiderio del fare, ed allo acquisto e miglioramento che fece, non sentiva fatica né curava disagio”.
Ascanio Condivi recounts the same thing, writing that “At the end of the work, Michelangelo, who had been in an uncomfortable position for a long time, with his eyes raised towards the vault. he could no longer see looking downwards, and to read a small piece of writing he had to hold it up with his arms above his head.”
You will surely have heard that I painted lying down but it is a baseless rumour. I didn’t do it because I had no reason to remain in that uncomfortable position that makes it practically impossible to produce something beautiful. I have told you in detail how that rumor probably originated and how it was spread HERE.
Four years of often painting with my head up wasn’t easy and my eyesight suffered consequences that I carried with me for years.
In a very famous sonnet, I wrote to my friend Giovanni da Pistoia what was the position I was forced to hold for hours.
I’ ho già fatto un gozzo in questo stento,
coma fa l’acqua a’ gatti in Lombardia
o ver d’altro paese che si sia,
c’a forza ‘l ventre appicca sotto ‘l mento.
La barba al cielo, e la memoria sento
in sullo scrigno, e ‘l petto fo d’arpia,
e ‘l pennel sopra ‘l viso tuttavia
mel fa, gocciando, un ricco pavimento.
E’ lombi entrati mi son nella peccia,
e fo del cul per contrapeso groppa,
e ‘ passi senza gli occhi muovo invano.
Dinanzi mi s’allunga la corteccia,
e per piegarsi adietro si ragroppa,
e tendomi com’arco sorïano.
Però fallace e strano
surge il iudizio che la mente porta,
ché mal si tra’ per cerbottana torta.
La mia pittura morta
difendi orma’, Giovanni, e ‘l mio onore,
non sendo in loco bon, né io pittore.
I accompanied the sonnet with a summary self-portrait in which I showed the recipient of the verses what my position was while I was working on the Sistine Chapel.
But that’s not all. There are autographed sheets of mine belonging to the Vatican Apostolic Library in which I listed a series of remedies and recipes useful for treating vision problems such as this: “…To cure redness of the eyes you need mint juice and orbaco leaf juice and use powder of lentils and breast-feeding woman’s milk and then spread it over the eyes…”
For the moment, your Michelangelo Buonarroti greets you and will meet you in future posts and on social media.

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spettacolo!! Mi sono sempre chiesto come abbiano fatto a dipingere all’insù per così tanto tempo. 👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏👏
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Fu molto impegnativo e ne pagai le conseguenze per il resto della vita
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