Dopo esser quasi morto, trovai la luce
Furono tempi duri quelli della restaurazione medicea e certo non solo per me. Tanto ero impegnato a lavorare per le Tombe Medicee che la mia salute già m0aveva abbandonato. dormivo meno di poco, mangiavo a sufficienza pe rreggermi in piedi fino al pasto successivo e non m’importava altro che di terminare presto quel lavoro.
Cos’era che mi consumava così fino quasi ad annullarmi? Non potevo permettermi il lusso di pensare ad altro che non fosse l’operato mio… passava il tempo e mi pareva di non veder mai fine a quel lavoro. C’è chi pensò volessi di proposito autopunirmi per chissà che cosa. Ero così messo male che il mio caro amico Giovan Battista Mini mise tutta la sua preoccupazione nero su bianco in una lettera indirizzata al Valor, datata datata 29 settembre del 1531.
“E perchè dito Michelagniolo mi parse molto istenuato e diminuito de le charne, l’altro dì chol Bugiardino e Antonio Mini a lo stretto ne parlamo, e’ qualli sono chotinovi cho lui, e infine faciemo un chonpunto che Michelagniolo viverà pocho e chativo e dorme mancho, e da u’ mese in qua è forte inpedito di chiesa e di dolore di testa e chapogiri”
Pure il papa s’era preso la briga di scrivermi con l’intento di farmi lavorare meno e a un ritmo meno frenetico. Come se le preoccupaziono di quel periodo già non mi bastassero, c’avevo ancora col fiato sul collo gli eredi di Giulio II che reclamavano a gran voce la tomba del papa oramai deceduto da lungi. Ci si mise in mezzo pure il duca d’Urbino che voleva a tutti i costi terminasi quella sepoltura. Il ppapa in carica, Clemente VII, riuscì a fare da mediatore così, nel 1532 feci una scappata fino a Roma per stipulare un nuovo contratto per quella che in varie occasioni definii come la tragedia della mia vita.
A volte la vita però rivela sorprese inattese e nemmeno cercate. Fu proprio in quella toccata e fuga che ebbi modo di conoscere Tommaso de’ Cavalieri. Fu colui che riuscì a riportare la luce nella mia esistenza che credevo già al termine dei suoi giorni.
