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Era davvero mia zia quella monaca caduta in disgrazia?

Sapete, quando iniziai a guadagnar benino, mi arrivavano richieste di denaro da destra e manca. Si rifecero vivi parenti che nemmeno sapevo di avere, amici che amici non lo sono mai stati e altre persone che chiedevano un semplice aiuto in contanti.

Ebbene, nonostante si continui a vociferare insistentemente che fossi molto spilorcio, non è affatto vero. Sono tante le persone che aiutai in diversi modi ma le mie biografie più o meno ufficiali pare se ne siano completamente dimenticate.

Fra le tante persone che mi chiesero danari c’era anche una monaca che riteneva di essere una zia mia. Di avere zie monache non mi pareva ma chissà, forse qualcuna che aveva indossato l’abito da ragazzina che mai avevo avuto la sorte di incontrare nemmeno per sbaglio. Fatto sta che mi scrisse in un modo strano, non mi fidavo tanto e mi sembrava mi stesse prendendo un po’ in giro.

I danari glie li inviai comunque o meglio, incaricai mio padre di portarglieli e verificare che davvero questa presunta zia fosse in stato di necessità. Vi riporto integralmente la lettera che inviai da Roma al mi babbo che si trovava a Firenze nella quale raccontavo l’accaduto e la questione della zia monaca caduta in disgrazia.

Roma, 19 agosto del 1508

Charissimo padre,

io ò avuto a questi giorni una lectera da una monaca che dice essere nostra tia, la quale mi si rachomanda e dice che è molto povera e che è in grandissimo bisognio, e che io le facci qualche limosina.

Per questo io vi mando cinque ducati larghi, che voi per l’amor de Dio gniene diate quattro e mezo, e del mezo che vi resta pregovi diciate a Buonarroto che mi facci chomperare o da Francesco Granacci o da qualche altro dipintore un’oncia di lacha, o tanta quanta e’ può avere pe’ decti danari, che sia la più bella che si trovi in Firenze; e se e’ non ve n’è che sia una cosa bella, lasci stare.

La decta monacha nostra tia chredo che sia nel munistero di San G[i]uliano. Io vi prego che voi vegiate d’intendere se gli è vero che l’abbi sì gran bisognio, perché la mi [s]crive per una certa via che non mi piace. Ond’io dubito che la non sia qualche altra monaca, e di non esser facto fare. Però, quando vedessi che e’ non fussi vero, toglietegli per voi.

E’ detti danari vi pagherà Bonifatio Fati[i].Non v’ò da dire altro per ora, perché non sono anchora resoluto di cosa nessuna che io vi possa avisare. Più per agio v’aviserò. Vostro Michelagniolo scultore in Roma. A Lodovicho di Buonarrota Simoni in Firenze.

Il sempre vostro Michelangelo Buonarroti

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