Nel corridoio che porta al David i quattro prigioni
Nel corridoio della Galleria dell’Accademia che precede la tribuna del David, potete ammirare i miei quattro prigioni fiorentini. Certo è che il colosso ubicato sotto la cupola di vetro accentra tutte le attenzioni e i prigioni spesso vengono osservati frettolosamente, troppo velocemente e con poco interesse.
La prossima volta che vi capiterà di varcare le soglie della Galleria dell’Accademia vi consiglio di prestare ai prigioni un po’ più di attenzione perché potrete scoprire diverse cosette sulla mia personalissima tecnica esecutiva e non solo. Non è forse interessante osservare le tracce lasciate dalla gradina così come i contrasto stridente fra parti finite, quasi finite e grezze?
Guardate il Prigione Barbuto: sembra essere schiacciato dal peso del suo braccio sollevato sopra la testa. Nel progetto originario della tomba di Giulio II avrebbe dovuto essere sistemato in posizione frontale. Il suo torso rimanda col pensiero al noto torso del Belvedere realizzato da Apollonio. La mano sinistra ha ancora parecchio marmo da lavorare e avrei anche potuto pensare di fargli trattenere un qualche oggetto.
Dettaglio del torso del Prigione Barbuto – foto di Amendola
Il Prigione Giovane invece in qualche modo ricorda gli schiavi visibili al Louvre anche se la col braccio sinistro sembra voler nascondere il volto. Anche quest’opera era destinata a una posizione frontale. Le sue parti maggiormente finite ancora portano i segni evidenti delle gradine e della subbia da taglio. Pensate che esiste un modellino realizzato in cera attribuito a me di questo prigione attualmente conservato al Victoria and Albert Museum di Londra.
Dettaglio del viso del Prigione giovane – foto di Amendola
Sapete che il Prigione Atlante ancora conserva i segni identificativi con i quali segnavo i blocchi in cava destinati a me? Ci sono i tre cerchi, la L che identifica il cavatore Leone, un vascello assai stilizzato e un tridente. qui ci sarebbe stato tanto lavoro da fare per togliere la figura dal blocco che ancora tiene prigioniero il capo.
Dettaglio del Prigione Atlante – Foto di Amendola
Il Prigione che si Ridesta, come d’altro canto l’Atlante, erano destinati a una posizione angolare nel grandissimo complesso scultoreo di Giulio II. Ha una postura leggermente inclinata all’indietro, il collo è piegato su un lato e le gambe appaiono incrociate.
Il Prigione che si Ridesta – foto di Amendola
Queste quattro opere si trovavano nel mio studio di Via Mozza a Firenze quando partii definitivamente per Roma nel 1534. Dopo la mia morte queste sculture vennero donate al duca Cosimo I de’ Medici dal mi’ nipote Leonardo.
Il vostro Michelangelo Buonarroti, libero in un mondo di prigionieri che da soli si mettono le catene.