La Scultura del giorno: lo Schiavo di Sinding
La scultura del giorno che vi propongo oggi è lo Schiavo scolpito nel 1913 dall’artista norvegese naturalizzato danese Stephan Sinding.
Nato nella città norvegese di Throndheim nel 1846, Sinding studiò legge all’università ma poi volle seguire ciò che il cuore gli dettava: studiare presso la Scuola Reale di Disegno. Successivamente si trasferì a Berlino per perfezionarsi come scultore presso Wolff.
Dopo aver intrapreso un viaggio che lo porterà nel 1874 prima Parigi poi a Roma, si stabilì a Copenaghen ottenendo anche la cittadinanza.
Prima di trasferirsi a Copenaghen a Roma aveva dato forma a un’opera che gli diede la celebrità in cui sono evidenti le influenze dei miei lavori: la Donna barbarica che tiene il corpo del figlio morto.
Con la scultura dello Schiavo, Sinding fa riferimento proprio alla mia produzione scultorea. Oltre al nome ispirato dagli schiavi che avevo realizzato per la tomba di Giulio II, mi cita esplicitamente nella trattazione del marmo.
Al corpo levigato dell’uomo con le mani legate dietro la schiena, affianca il trattamento scabro del panneggio che gli copre il pube e quello abbozzato dei capelli.
Il corpo muscoloso in tensione e la posa serpentinata sono anch’essi una evidente citazione delle opere mie.
La parte più intensa di quest’opera sono le mani dietro la schiena che sembrano realmente legate con una corda di canapa ma in realtà è scolpita in modo magistrale.
Mentre tenta di divincolarsi da quella stretta morsa ai polsi, lo Schiavo apre una mano contraendo però le dita e stringe a pugno l’altra in un moto di rabbia, non di frustrazione.
Con il volto e lo sguardo fiero rivolto verso chi lo obbliga alla schiavitù pare voler sfidare il suo aguzzino. In catene sì, domo mai.
Questa mirabile scultura appartiene al Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen, museo che è stato creato proprio da uno dei committenti dell’artista per raccogliere le sue opere.
Per il momento il vostro Michelangelo Buonarroti vi saluta dandovi appuntamento ai prossimi post e sui social.
Sculpture of the day: the Slave of Sinding
The sculpture of the day that I propose to you today is the Slave sculpted in 1913 by the Norwegian-born Danish artist Stephan Sinding.
Born in the Norwegian city of Throndheim in 1846, Sinding studied law at university but then wanted to follow what his heart dictated: study at the Royal School of Drawing. Subsequently he moved to Berlin to train as a sculptor with Wolff.
After undertaking a journey that took him first to Paris and then to Rome in 1874, he settled in Copenhagen, also obtaining citizenship.
Before moving to Copenhagen in Rome he had given shape to a work that gave him celebrity in which the influences of my works are evident: the Barbarian Woman holding the body of her dead son.
With the sculpture of the Slave, Sinding refers precisely to my sculptural production. In addition to the name inspired by the slaves that I had created for the tomb of Julius II, he explicitly mentions me in the discussion of the marble.
Alongside the smooth body of the man with his hands tied behind his back, he combines the rough treatment of the drapery that covers his pubis and the sketchy treatment of his hair.
The muscular body in tension and the serpentine pose are also a clear reference to my works.
The most intense part of this work are the hands behind the back which really seem to be tied with a hemp rope but in reality it is sculpted in a masterful way.
While trying to free himself from that tight grip on his wrists, the Slave opens one hand but contracts his fingers and tightens the other into a fist in a fit of anger, not frustration.
With his face and proud gaze turned towards those who force him into slavery, he seems to want to challenge his tormentor. In chains yes, I never tame.
This wonderful sculpture belongs to the Ny Carlsberg Glyptotek in Copenhagen, a museum that was created by one of the artist’s clients to collect his works.
For the moment, your Michelangelo Buonarroti greets you and will meet you in future posts and on social media.

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