Scintille con i deputati della Fabbrica di San Pietro
Con i deputati della Fabbrica di San Pietro non ebbi mai un buon rapporto, anzi. Talmente era alta la tensione che come uno dei tre aveva delle rimostranze da farmi, erano scintille.
Durante il papato di Paolo III Farnese, la Fabbrica di San Pietro che fino al momento aveva subito alti e bassi nel suo governo e amministrazione a seconda del pontefice di turno, si stabilizzò.
Erano sempre di più i professionisti specializzati impiegati che consentivano un andamento più regolare dell’imponente costruzione come capomastri, misuratori e soprastanti.
Alla fine del 1546, quando cominciai a prendere in mano le redini dei lavori, ebbi non poche difficoltà con i deputati della Fabbrica. Sapevano il fatto loro ma a volte non volevano saperne di lasciarmi fare a modo mio che, se consentite, di architetture me ne intendevo assai.
Gli scontri furono inevitabili.
I tre illustri deputati del momento erano Filippo Archinto, il vicario del papa che in quel frangente si trovava a Trento per via del Concilio in corso, Giovanni Arberino canonico di San Pietro e Antonio Massimo, laico ma appartenente a una delle più potenti famiglie romane dell’epoca.
Non erano personaggi inclini a lasciarsi guidare e il primo atto formale che feci nei loro confronti fu la scelta in piena autonomia dei miei collaboratori. Non potevo permettere che scegliessero loro con chi avrei dovuto a che fare.
Io dovevo lavorare con le maestranze e quindi ero ben conscio a chi avrei dovuto dar fiducia e a chi no. Ai deputati tanto sarebbe piaciuto impiegare gente a loro cara, operai magari raccomandati da amici o chissà chi ma su un cantiere del genere certe frivolezze non potevano essere ammesse.
Così come al solito feci di testa mia nonostante le loro rimostranze, limitandomi a riferirgli di volta in volta di prendere atto della sostituzione di soprastanti e maestranze che lavoravano per la Fabbrica di San Pietro.
Per esempio fra il settembre e l’ottobre del 1561 incaricai Battista da Pietrasanta, Bernardino del Borgo e Bernardino Pettirossi di metter mano alle imposte dei capitelli per la cupola e solo in un secondo momento lo resi noto ai deputati ai quali non rimase altro da fare che regolarizzare la loro situazione ed emettere il mandato di pagamento nei loro confronti.
Per il momento il vostro Michelangelo Buonarroti vi saluta dandovi appuntamento ai prossimi post e sui social.
Sparks with the deputies of the Fabbrica di San Pietro
I never had a good relationship with the deputies of the Fabbrica di San Pietro, quite the contrary. The tension was so high that as one of the three had some grievances to make to me, they were sparks.
During the papacy of Paul III Farnese, the Fabbrica di San Pietro, which until then had undergone ups and downs in its government and administration depending on the pontiff on duty, stabilized.
There were more and more specialized professionals employed who allowed a more regular progress of the imposing construction as master builders, measurers and overseers.
At the end of 1546, when I began to take over the reins of the works, I had many difficulties with the deputies of the Fabbrica. They knew what they were doing but sometimes they didn’t want to know about letting me do it my way since, if you allow me, I knew a lot about architecture.
Clashes were inevitable.
The three illustrious deputies of the moment were Filippo Archinto, the pope’s vicar who at that juncture was in Trento on the way to the Concilio in progress, Giovanni Arberino canon of San Pietro and Antonio Massimo, a layman but belonging to one of the most powerful Roman families of the era.
They were not characters inclined to let themselves be guided and the first formal act I made towards them was the choice of my collaborators in full autonomy. I couldn’t let them choose who I was dealing with.
I had to work with the workers and therefore I was well aware of who I should have hired and who not. The deputies would have loved to employ people dear to them, workers perhaps recommended by friends or who knows who, but on a building site of this kind certain frivolities could not be allowed.
As usual, I did my own thing despite their remonstrances, limiting myself to telling them from time to time that I took note of the replacement of supervisors and workers who worked for the Fabbrica di San Pietro.
For example, between September and October 1561 I commissioned Battista da Pietrasanta, Bernardino del Borgo and Bernardino Pettirossi to work on the shutters of the capitals for the dome and only later did I make it known to the deputies who were left with nothing else to do than to regularize their situation and issue the payment mandate to them.
For the moment, your Michelangelo Buonarroti greets you by making an appointment for the next posts and on social media.

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