I ladri nel mio stanzone di Via Mozza
Sapete che anch’io ebbi a che fare con i ladri? Ebbene si, riuscirono a entrare nel mio stanzone di Via Mozza a Firenze e a far razzia. Sedetevi comodi che vi racconto questa storia dal principio.
Il 24 novembre del 1518, per un costo di 113 fiorini larghi d’oro, acquistai un terreno in Via Mozza a Firenze, quella che oggi si chiama via San Zanobi. Nel febbraio del 1519 acquistai un altro paio di terreni lì vicino.
Nel dicembre intanto avevo già principiato i lavori per far realizzare quello che poi non esitai a definire stanzone. Era grande assai: pensate che aveva una superficie di circa 200 metri quadrati.
Il costo dell’acquisto lo caricai nelle spese della facciata della Basilica di San Lorenzo. No, non feci il furbo così era stabilito da contratto.
Ò a ordine qua una bella stanza, dov’io potrò rizare venti figure per volta; non la posso coprire perché in Firenze non ci è legniame e no ne può venire se e’ non piove. E non chredo oramai e’ piova ma’ più, se non quando m’arà a far qualche danno
Così scrissi a Leonardo Sellaio il 21 dicembre del 1518
Insomma, in quello stanzone avrei potuto lavorare venti grandi sculture, tutte assieme.
Lì però accadde un fatto singolare.
Tre mesi prima che cominciasse l’assedio di Firenze dell’ottobre del 1529, con degli scalpelli qualcuno riuscì a scassinare la serratura. Entrò e rubò cinquanta disegni, alcuni dei quali realizzati per le Tombe dei duchi Medici più quattro modelli di sculture che ora come ora non mi ricordo più se fossero in argilla o in cera.
Fu un duro colpo per me.
La questione però si risolse per il meglio. Il Vasari riporta che quella refurtiva fu recuperata nei giorni a seguire dagli Otto di Guardia. Antonio Mini annotò quell’increscioso accaduto. Vi riporto lo scritto integrale a seguire.
Inanzi l’asedio di 3 mesi fa fu rotta la zanza di Michelagnolo in via Moza chon gli ischarpegli, e fuvi tollti circha a 50 chartte di ficcure; e infra le dette charte v’erano le sipurture de’ Medici e di molti disengni di gran valutta; e fuvi ttoltti di mo’ quarttro ficchure di ciera e di ttera.
E di detti giovani vi lanciorno, che no se n’avedano, uno fero che aveva per sengnio un M, che fu quella che gli scchoperse. Subbito che si vindano inschoperti, s’andorno, ovvero si naschosano e mandorno a dire che rendebano e’ disengli e modegli, si perdonasi loro.
Per il momento il vostro Michelangelo Buonarroti vi saluta dandovi appuntamento ai prossimi post e sui social

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