Son tradito da’ giorni mie fugaci
Oilmè, oilmè, ch’i’ son tradito
da’ giorni mie fugaci e dallo specchio
che ‘l ver dice a ciascun che fiso ‘l guarda!
Così n’avvien, chi troppo al fin ritarda,
com’ho fatt’io, che ‘l tempo m’è fuggito:
si trova come me ‘n un giorno vecchio.
Né mi posso pentir, né m’apparecchio,
né mi consiglio con la morte appresso.
Nemico di me stesso,
inutilmente i pianti e ‘ sospir verso,
ché non è danno pari al tempo perso.
Oilmè, oilmè, pur riterando
vo ‘l mio passato tempo e non ritruovo
in tutto un giorno che sie stato mio!
Le fallace speranze e ‘l van desio,
piangendo, amando, ardendo e sospirando
(c’affetto alcun mortal non m’è più nuovo)
m’hanno tenuto, ond’il conosco e pruovo,
lontan certo dal vero.
Or con periglio pèro;
ché ‘l breve tempo m’è venuto manco,
né sarie ancor, se s’allungassi, stanco.
I’ vo lasso, oilmè, né so ben dove;
anzi temo, ch’il veggio, e ‘l tempo andato
mel mostra, né mi val che gli occhi chiuda.
Or che ‘l tempo la scorza cangia e muda,
la morte e l’alma insieme ognor fan pruove,
la prima e la seconda, del mie stato.
E s’io non sono errato,
(che Dio ‘l voglia ch’io sia),
l’etterna pena mia
nel mal libero inteso oprato vero
veggio, Signor, né so quel ch’io mi spero.
Il sempre vostro Michelangelo Buonarroti che prima d’andarsene a preparar da cena vi lascia in compagnia di qualche verso.


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