Ogni tempo è buono aver cura di sé e delle sua cose
Al mi fratello Buonarroto gli volevo bene assai. Me ne prendevo cura alla stregua di un figlio e come un figlio di tanto in tanto lo rimproveravo per il suo ardire o per pensare cose malsane sul mio conto.
A volte pareva quasi mi considerasse avventato e altre sprovveduto. In una delle tante lettere che mi scrisse pareva rimproverarmi del fatto che mi occupassi più degli affari che dei parenti e fin’anche di me stesso.
…che par tu creda che io abi più cura delle cose del mondo che e’ non si chonviene; e io n’ò più cura per voi che per me medesimo chom’io ò sempre facto… per chi avrei guadagnato i danari se non per sollevare le sorti della mia famiglia tutta? Lo sapeva bene Buonarroto quanto avessi a cuore lui e la famiglia tutta.
A seguire vi riporto la lettera integrale che gli scrissi in risposta alla sua. Il sempre vostro Michelangelo Buonarroti con i suoi racconti
Roma, 8 settembre del 1515
Buonarroto, intendo per l’ultima tua chome il resto de’ danari sono in Santa Maria Nuova. Io ti scrissi che tu ve gli rimectessi, chredendo, sechondo che tu m’avevi scricto, che tu gli avessi dati a Pier Francescho che me gli mandassi per un mulactiere; e perché e’ non mi piaceva, ti scrissi gli rimectessi dove s’erano.
Ora tu mi di’ non gli avere levati la cosa sta adunche bene, non bisognia più parlarne. Quando n’arò bisognio, t’aviserò.
Tu mi scrivi in un modo, che par tu creda che io abi più cura delle cose del mondo che e’ non si chonviene; e io n’ò più cura per voi che per me medesimo, chom’io ò sempre facto. Io non vo drieto a favole e non son però pazzo afacto chome voi credete; e credo che voi gusterete meglio le lectere che io v’ò scricte da quatro anni in qua di qui a qualche tempo, che voi non fate adesso, s’i’ non mi inganno; e s’io m’inganno, i’ non mi inganno in cose chactive, perché io so che d’ogni tempo è buono aver cura di sé e delle sua cose.
Io mi richordo che tu volevi pigliar certo partito circha dic[i]octo mesi fa, o più o meno non lo so; io ti scrissi che e’ non era ancora tempo, che tu lasciassi passare un anno per buon rispecto. In questo tempo, pocho dipoi morì el re di Francia; tu mi rispondesti, overo scrivesti dipoi, che el re era morto e che in Italia non era più pericolo di cosa nessuna, e che io andavo drieto a frati e a favole, e facestiti befe di me.
Vedi che ‘l re non è però morto; e sare’ molto meglio per noi che voi vi fussi governati a mio modo già parechi anni sono e basta.Io ò avuta chon la tua una lectera che viene da Charra[ra] dal Zara, e mostra aver disiderio di servirmi. Io non gli scrivo niente, perché io ò scricto a messere Antonio da Massa, chancelliere del marchese di Carra[ra], per l’ultima che io ti mandai (credo gliene arai mandata), e non vo’ dare altra chommesisone a altri se prima non ò risposta da llui. Non altro.
Michelagniolo scultore in Roma. A Buonarroto di Lodovicho Simoni in Firenze.


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