La commissione che mi affidò Caterina de’ Medici
Caterina de’ Medici, cugina di papa Clemente VII si accasò con Ernico II, re di Francia. Dopo la morte del marito avvenuta nel lontano 1559, divenne lei la regina reggente e rimase in carica fino al 1563.
Sebbene sia vero che quel matrimonio fu una questione strategica, Caterina era perdutamente innamorata di suo marito che invece, nei suoi confronti, nutriva solo indifferenza o poco più.
Fatto sta che quando Enrico II passò a miglior vita, la regina prese carta e penna per commissionarmi un lavoro che avrebbe ricordato anche ai posteri il consorte: una scultura equestre in bronzo che ne celebrasse la sua grandezza, o presunta tale dalla moglie Caterina II de’ Medici.

Vi riporto a seguire quella lettera: non vi sarà difficile notare con quanta passione mi pregasse affinché mettessi mano a quel lavoro.
Iniziai a lavorarci ma mi mancò il tempo di portare a termine quella grandiosa impresa. Tuttavia se volete vedere più o meno che aspetto avrebbe potuto avere, cliccate QUA
Blois, 14 novembre 1559
Doppo lo acerbissimo caso del Cristianissimo et Serenissimo Re mio signore et consorte, non mi è restato (appo quel di lui, ch’è vano) maggior desiderio che di dar vita al nome suo et al passato mio legittimo amore, et sucessivamente al mio presente cordoglio et fra le altre opere che a questo ho destinate, nel mezo della corte d’un mio palazo ho disegnato di far lo detto mio signore formare di bronzo a cavallo, di quella grandezza che detta corte lo richiede.
Et perché io con tutto el mondo so quanto voi siete in quest’arte, più che alcuno del nostro seculo, eccellente, et antico et affectionato servitore alla casa mia, come de l’una e dell’altra cosa le singulari opere di vostra mano a torno del sepolcro de’ miei in Fiorenza portano chiara testimonianza, vi prego di voler pigliare questa impresa.
Et benché io sappia che gl’anni forse con altra persona vi potrieno scusare, credo che meco non vi vorrete di tal scusa servire, sì che almeno non pigliate il carico del disegnio di detta opera, et di farla gettare e pulire ai miglior maestri che di costà potrete trovare assicurandovi che voi, né persona del mondo, non mi potrebbe far cosa più grata, et della quale io desideri essere più larga riconoscitrice.
Et perché con questa io ne scrivo al signor Ruberto mio cugino, non ve ne dirò più, rimettendomi a quel che da mia parte ei ve ne dirà. Et senza più, prego Iddio che felice vi conservi.Da Bles, alli XIIII di novembre MDLIX.Caterine.A Michelangiolo Buonaroti.In Roma.
Il sempre vostro Michelangelo Buonarroti con i suoi racconti
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