La scarpetta di metallo
Il Cristo Portacroce mi venne commissionato da Metello Vari come già ho avuto modo di raccontarvi in diverse occasioni. Una commissione che riuscii a portare a termine in tempi lunghissimi con non poche difficoltà: la venatura nera su una prima versione dell’opera, marmi bloccati a Pisa, Urbano che rovinò parte dell’opera….insomma, fu un’impresa non da poco.
Il Cristo finalmente ultimato, anche se non era venuto come volevo io per interventi disgraziati di altri scultori che pensavo fidati, venne collocato all’interno di una nicchia presente nella romana di Santa Maria sopra Minerva. Lì era possibile guardarlo in maniera frontale e privo di quel brutto panneggio metallico.
Fatto sta che anni dopo venne spostato laddove ancora sta e perse non poca intensità espressiva. Come se non bastasse, la censura bigotta celò con quel coso bronzeo i genitali del Cristo tagliando visivamente in due la figura.
Questo Cristo non è una figura così scontata e classica. In piedi stringe i simboli della passione: la Croce, la canna e la spugna mediane la quale gli fecero bere aceto.
Per parecchio tempo il suo piede destro venne ricoperto con una calzatura di metallo dorato per evitare che il contino tocco dei fedeli potesse consumare troppo il piede di marmo.
Anche il marchese de Sade fece menzione di questa scarpetta nel suo Viaggio in Italia, 1775: “Santa Maria sopra Minerva, chiesa di Domenicani…si vede la statua del Cristo che porta la Croce, opera di Michelangelo…gli ha dato troppo vigore e troppa forza: ne ha fatto un facchino. Il popolo, e soprattutto le pie donne, che preferiscono questi tratti a una fisionomia più raffinata, indubbiamente provano una tale devozione per questa statua al punto che il piede di marmo si è consumato a furia di baci e si è stati obbligati a rivestire questo piede con un coturno di bronzo, che le povere comari baciano lo stesso e che probabilmente sarà pure consumato fra poco”
Il sempre vostro Michelangelo Buonarroti