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I Pigmenti adoperati nelle Pitture Murali di Pompei

Le pitture murali di Pompei rappresentano una delle testimonianze più straordinarie e complete dell’arte romana antica. La loro eccezionale conservazione, dovuta all’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., offre una finestra unica sulla vita quotidiana, la cultura e il gusto estetico dell’epoca.

Quali pigmenti però venivano adoperati all’epoca?

Come racconta Plinio, erano di origine animale, vegetale e minerale. A seconda del loro costo si potevano dividere in due categorie: piani e floridi. I piani erano quelli di uso più comune, meno costosi, mentre i floridi avevano un costo meno accessibile e una resa più brillante.

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Molto usate erano le ocre dalle quali i otteneva tutta la gamma di gialli. La migliore tonalità era senza dubbio il sil atticum.

I rossi invece si ricavavano dall’ematite o dalla calcinazione dell’ocra gialla. La varietà più preziosa era il cinabro, noto anche come minium, che derivava dalla macerazione di particolari molluschi.

Questo colore però aveva un difetto: esposto alla luce solare tendeva a scurire e annerirsi.

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Il verde si otteneva da minerali contenenti glauconite o celadonite ma la varietà più preziosa era quella tratta dalla malachite. La malachite aveva un’alta percentuale di tossicità avendo come componente chimico principale il rame.

Per il bianco si utilizzava costantemente il carbonato di calcio.

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Per quanto riguarda il blu, quello più comune veniva prodotto direttamente ad Alessandria. Successivamente fu introdotto a Pozzuoli prima e poi nel resto della Campania il cosiddetto blu egizio ottenibile con una miscela di sabbia e fior di nitro con rame. Si riuscivano ad avere così degli agglomerati in palline cotte da ridurre poi in polvere blu.

Le tonalità più costose di blu erano quelle naturali come l’armenium che si otteneva dall’azzurrite e lo scynthicum ottenuto dalla macinazione del lapislazzuli.

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Per il nero si adoperava carbonio di origine vegetale, ottenuto dalla combustione di resina e corteccia di pino o viticci oppure dall’avorio o dalle ossa di animali.

La prossima volta che avrete modo di ammirare una pittura murale pompeiana, potrete così avere ben chiaro con quali elementi naturali sia stato dipinto ogni singolo soggetto.

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Per il momento il sempre vostro Michelangelo Buonarroti vi saluta dandovi appuntamento ai prossimi post e sui social.

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Pigments Used in the Wall Paintings of Pompeii

The wall paintings of Pompeii represent one of the most extraordinary and complete testimonies of ancient Roman art. Their exceptional preservation, thanks to the eruption of Vesuvius in 79 AD, offers a unique window into the daily life, culture, and aesthetic tastes of the era.

But what pigments were used at the time? As Pliny recounts, they were of animal, vegetable, and mineral origin. Depending on their cost, they could be divided into two categories: flat and florid. Flat pigments were the most commonly used and less expensive, while florid pigments were less affordable and had a brighter finish.

Ochres were widely used, producing a full range of yellows. The best shade was undoubtedly sil atticum.

Reds, on the other hand, were obtained from hematite or the calcination of yellow ochre. The most valuable variety was cinnabar, also known as minium, which was derived from the maceration of certain mollusks. This color, however, had a flaw: when exposed to sunlight, it tended to darken and blacken.

Green was obtained from minerals containing glauconite or celadonite, but the most valuable amber was obtained from malachite. Malachite was highly toxic because its main chemical component was copper.

Calcium carbonate was consistently used for white.

As for blue, the most common was produced directly in Alexandria. Later, so-called Egyptian blue was introduced first in Pozzuoli and then in the rest of Campania, obtained by mixing sand and fleur de niter with copper. This allowed for agglomerates to form baked pellets that were then ground into a blue powder.

The most expensive shades of blue were natural ones, such as armenium, obtained from azurite, and scynthicum, obtained from ground lapis lazuli.

For the black, plant-based carbon was used, obtained by burning pine resin and bark
or vines, or from ivory or animal bones.

The next time you admire a Pompeii mural, you’ll be able to see exactly which natural elements were used to paint each individual subject.

For now, yours truly, Michelangelo Buonarroti bids you farewell and invites you to join him in future posts and on social media.

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