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Restaurato il monumento equestre a Vittorio Amedeo I di Rivalta e Vanello

È giunto al termine l’intervento di restauro che ha coinvolto il prezioso monumento equestre a Vittorio Amedeo I di Savoia, realizzato da Andrea Rivalta e Federico Vanello a partire dal 1619.

Il monumento equestre è l’unica cosa rimasta dell’antico Scalone d’Onore seicentesco di Palazzo Reale a Torino, modificato nel 1862 da Domenico Ferri, l’architetto a cui spettò l compito di adeguare la residenza al nuovo rango di prima reggia d’Italia.

Andrea Rivalta, Monumento equestre a Vittorio Amedeo I, Daniele Bottallo – DB Studio Agency per
Musei Reali di Torino
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La storia del monumento

Il grande gruppo scultoreo che accoglieva gli ospiti ammessi a Palazzo Reale, era il primo biglietto da visito dei reali di casa Savoia.

Fu ideato dallo scultore di Lugano Federico Vanello e ad Andrea Rivalta, di Roma. I due artisti realizzarono le diverse parti in bronzo e in marmo.

L’opera fu inizialmente voluto dal duca Carlo Emanuele I per commemorare il padre Emanuele Filiberto, vincitore della battaglia di San Quintino nel 1557, celebrata nel grande dipinto di Palma il Giovane esposto nel Salone delle Guardie Svizzere. L’opera però non fu collocata nel palazzo e a lungo rimase nel laboratorio di Rivalta.

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Finalmente nel 1663 il monumento fu collocato nello Scalone su un alto basamento con un’iscrizione celebrativa, composta dal retore di corte Emanuele Tesauro.

Probabile opera di Michele de Fontaine è la testa del cavaliere con l’effigie di Vittorio Amedeo I, sovrano dal 1630 al 1637, voluta dal figlio Carlo Emanuele II che commissionò, in tal modo, un aggiornamento iconografico dell’opera in onore del padre.

Il duca Vittorio Amedeo I è raffigurato a cavallo di un energico destriero con le zampe anteriori sollevate. Il sovrano indossa il Collare dell’Ordine della Santissima Annunziata e un’armatura con una fascia annodata sulla spalla destra. La figura in bronzo, tiene saldamente le redini e impugna il bastone del comando.

Sotto il cavallo si vedono due uomini, battuti dal cavaliere e realizzati con marmi bianchi e rossi.

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Il restauro

Il restauro delle parti in in pietra di Chianocco, marmi bianchi e rossi venati è stato eseguito iniziando da una pulitura a fasi successive per rimuovere depositi coerenti, vernici ingiallite e precedenti protettivi oramai ossidati.

Sulle superfici marmoree degli incarnati dei due prigioni è stata rinvenuta una finitura pittorica non originale, stesa a imitazione della stessa pietra di Chianocco utilizzata per la realizzazione del cavallo.

Un’ulteriore finitura pittorica era presente sull’abito del prigione di sinistra, per uniformarlo al tono rosso scuro del marmo venato dell’abito del compagno. Per approfondire la conoscenza dei materiali in opera sono state effettuate analisi multispettrali, da cui è emersa la presenza di gesso, biacca, calcite, resine naturali e cera negli strati di finitura.

Effettuata la pulitura delle superfici lapidee e delle finiture pittoriche, si è proceduto con la reintegrazione a vernice, riconoscibile e reversibile, delle lacune della pellicola pittorica.

La scultura bronzea del duca è stata realizzata con la tecnica della cera persa. Il restauro ha rivelato la possibilità di smontaggio della testa e della mano destra grazie alla presenza di perni.

La superficie presentava locali fenomeni di corrosione, consistenti depositi superficiali nonché quattro strati sovrapposti, frutto di precedenti patinature con effetti antichizzanti. A seguito di una preliminare aspirazione generalizzata, sulle superfici è stata eseguita una pulitura chimica con lo scopo di arrestare l’avanzamento delle corrosioni degenerative del bronzo.

I perni in ferro sono stati puliti meccanicamente. Infine sulle superfici bronzee e sugli elementi in ferro sono stati applicati strati protettivi leggermente tonalizzati con pigmento nero, al fine di reintegrare la cromia dell’opera, laddove lacunosa.

La nicchia, fortemente degradata, era interessata da distacchi, mancanze, efflorescenze saline e strati sovrapposti di ridipinture.

Il descialbo degli stucchi ha richiesto numerosi test preliminari, a seguito dei quali gli strati non originali sono stati rimossi, ammorbidendoli con vapore pressurizzato ad alta temperatura. Le mancanze sono state reintegrate, laddove ricostruibili, con malta di calce e polvere di marmo, secondo la tecnica originale.

Per il momento il sempre vostro Michelangelo Buonarroti vi saluta dandovi appuntamento ai prossimi post e sui social.

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The equestrian monument to Vittorio Amedeo I of Rivalta and Vanello has been restored

The restoration work on the precious equestrian monument to Vittorio Amedeo I of Savoy, created by Andrea Rivalta and Federico Vanello starting in 1619, has come to an end.

The equestrian monument is the only thing left of the ancient 17th-century Scalone d’Onore of the Palazzo Reale in Turin, modified in 1862 by Domenico Ferri, the architect who was responsible for adapting the residence to its new rank as the first royal palace in Italy.

The history of the monument

The large sculptural group that welcomed guests admitted to the Palazzo Reale was the first calling card of the royals of the House of Savoy.

It was designed by the sculptor Federico Vanello from Lugano and Andrea Rivalta from Rome. The two artists created the various parts in bronze and marble.

The work was initially commissioned by Duke Carlo Emanuele I to commemorate his father Emanuele Filiberto, winner of the Battle of San Quintino in 1557, celebrated in the large painting by Palma il Giovane exhibited in the Salone delle Guardie Svizzere. However, the work was not placed in the palace and remained in the laboratory in Rivalta for a long time.

Finally in 1663 the monument was placed in the Scalone on a high base with a celebratory inscription, composed by the court rhetorician Emanuele Tesauro.

A probable work by Michele de Fontaine is the head of the knight with the effigy of Vittorio Amedeo I, sovereign from 1630 to 1637, commissioned by his son Carlo Emanuele II who commissioned, in this way, an iconographic update of the work in honor of his father.

Duke Vittorio Amedeo I is depicted riding an energetic steed with his front legs raised. The sovereign wears the Collar of the Order of the Most Holy Annunciation and armor with a band tied on the right shoulder. The bronze figure holds the reins firmly and holds the baton of command.

Under the horse you can see two men, beaten by the knight and made with white and red marble.

The restoration

The restoration of the parts in Chianocco stone, white and red veined marble was carried out starting from a cleaning in successive phases to remove consistent deposits, yellowed paints and previous protective coatings that were now oxidized.

A non-original pictorial finish was found on the marble surfaces of the flesh of the two prisoners, applied in imitation of the same Chianocco stone used to create the horse.

An additional pictorial finish was present on the dress of the prisoner on the left, to make it uniform with the dark red tone of the veined marble of the dress of his companion. To gain a deeper understanding of the materials used, multispectral analyses were carried out, which revealed the presence of chalk, white lead, calcite, natural resins and wax in the finishing layers.

After cleaning the stone surfaces and the painted finishes, the gaps in the painted film were reintegrated with recognisable and reversible varnish.

The bronze sculpture of the Duke was made using the lost wax technique. The restoration revealed the possibility of dismantling the head and right hand thanks to the presence of pins.

The surface showed local corrosion phenomena, substantial surface deposits as well as four overlapping layers, the result of previous patinations with antique effects. Following preliminary generalised aspiration, chemical cleaning was carried out on the surfaces with the aim of halting the progression of degenerative corrosion of the bronze.

The iron pins were cleaned mechanically. Finally, protective layers slightly toned with black pigment were applied to the bronze surfaces and iron elements, in order to restore the work’s color, where lacking.

The niche, severely degraded, was affected by detachments, gaps, salt efflorescence and overlapping layers of repainting.

The desciabo of the stuccos required numerous preliminary tests, following which the non-original layers were removed, softening them with high-temperature pressurized steam. The gaps were restored, where reconstructable, with lime mortar and marble dust, according to the original technique.

For the moment, your ever Michelangelo Buonarroti bids you farewell, making an appointment with you in the next posts and on social media.

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