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La Grotta del Mosè nel cortile di Palazzo Pitti

Ieri me ne sono andato a spasso per Firenze per cercare qualcosa di bello da vedere ma anche per raccontarvi qualcosa di non così conosciuto. Mi sarebbe garbato entrare nella Galleria Palatina per raccontarvi una cosa curiosa ma ahimè il pomeriggio al momento è chiusa. La colpa è mia che non mi sono informato bene prima.

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Visto che ero già lì ho ripiegato sul Giardino di Boboli pensando alla frescura delle sue zone più alberate mentre fuori sul piazzale il sole mi faceva sciogliere come se fossi stato un gelato. Passeggiando all’interno del superbo cortile progettato dall’Ammannati di Palazzo Pitti, mi son ritrovato davanti alla Grotta di Mosè con il suo zampillo centrale e i putti che nuotano e si azzuffano sul pelo dell’acqua. Vi va bene comunque se vi parlo un po’ di questa grotta sicuramente meno nota e più piccola di quella del Buontalenti ma comunque bella e tutta da scoprire?

Ercole a riposo
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Prima di entrare al suo interno, si viene accolti da due grandi sculture di epoca romana: l’Ercole a riposo e il gruppo di Ercole e Anteo.

Nel Rinascimento la realizzazione di grotte artificiali era di gran moda. Decorate con spugne, stalattiti e stalagmiti prese dalle cavità naturali e impreziosite con sculture, giochi d’acqua e affreschi, diventavano dei luoghi che dilettavano la vista dei signoroni o a volte adoperate proprio come alcove da giardino.

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Al centro della grotta, sulla parete di fondo, si vede il grande Mosè in porfido rosso orientale da cui prende il nome il luogo. Il torso è antico mentre il corpo fu scolpito nel Seicento da Curradi e Salvestrini.

Dovete sapere che in origine la grotta era assai sobria e non aveva alcuna decorazione al suo interno. Solo in un secondo momento, con i lavoro di riqualificazione di Palazzo Pitti voluti da Cosimo II e Ferdinado II, assunse l’aspetto che ancora oggi ha, con tanto di vasca ovale.

La grotta è circondata da sedici colonne in pietraforte che vennero posizionate lì dove le vedete fra il 1634 e il 1635. Allo stesso periodo risale la costruzione della vasca e la sistemazione delle concrezioni di calcare.

Di solito quello che più sorprende della grotta sono i putti scolpiti nel marmo di Pompeo Ferrucci del Tadda. Mentre uno sembra nuoti tranquillo sul pelo del’acqua, la coppia dalla parte opposta litiga animatamente.

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“…In mezzo una grotta di figura ovale , dentro di cui havvi una spaziosa peschiera d’ acqua viva mantenutavi da uno zampillo di fontana, che dal bel mezzo delle acque sorge all’altezza di circa 10 braccia . Grazioso è il vedere come alcuni putti di marmo vi sieno stati distribuiti a fior d’acqua in atto di nuotare.” Così scrisse in Notizie storiche dei palazzi, e ville appartenenti alla i.e. r. corona nel 1815 Giovanni Domenico Anguillesi.

All’interno della Grotta di Mosè ci sono anche quattro nicchie con altrettante sculture seicentesche che raffigurano le Virtù del Principe: la Carità, lo Zelo, l’Imperio e la Legge.

Basta alzare gli occhi verso l’alto per ammirare la volta affrescata con un pergolato e al centro l’allegoria della Fama, un lavoro di Tarchiani del 1628.

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Per il momento il vostro Michelangelo Buonarroti vi saluta e vi da appuntamento al prossimo racconto.

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