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Pene dell’anima

In questa serata di primavera inoltrata senza lucciole ad illuminare le strade di questa città, vi lascio versi accorati che scrissi qualche secolo fa. Leggeteveli con calma, lentamente e se anche il linguaggio non è quello che siete abituati a parlar adesso, capirete l’intenzione che c’è dietro.

 

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 I’ fu’, già son molt’anni, mille volte

 ferito e morto, non che vinto e stanco

da te, mie colpa; e or col capo bianco

riprenderò le tuo promesse stolte?

    Quante volte ha’ legate e quante sciolte

le triste membra, e sì spronato il fianco,

c’appena posso ritornar meco, anco

bagnando il petto con lacrime molte!

    Di te mi dolgo, Amor, con teco parlo,

sciolto da’ tuo lusinghi: a che bisogna

prender l’arco crudel, tirare a voto?

    Al legno incenerato sega o tarlo,

o dietro a un correndo, è gran vergogna

c’ha perso e ferma ogni destrezza e moto.

 giudizio_universale_centrale

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