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La Scultura del giorno: la Baccante di Tito Angelini

La scultura del giorno che vi propongo oggi è la Baccante scolpita da Tito Angelini attorno alla metà degli anni Quaranta dell’Ottocento.

L’artista nacque a Napoli nel 1806 e si formò presso l’Accademia delle Belle Arti della città, lasciandosi piacevolmente influenzare da artisti del calibro di Canova e Thorvaldsen. Per approfondire i suoi studi si trasferì a Roma dove, oltre ad affinare sempre di più la sua tecnica, scolpì opere di ispirazione mitologia come Teseo e il Minotauro.

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Pur radicato nel neoclassicismo, Angelini mostra una certa apertura a nuove tendenze, elaborando uno stile personale che mise assieme classicismo e romanticismo.

Lo scultore realizzò la sensuale Baccante su commissione del banchiere Giovanni Vonwiller, affermato collezionista e banchiere di origini svizzere. Vonwiller collocò l’opera al centro di uno dei saloni delle Gallerie che potavano il suo nome, a Napoli.

Ad Angelini fu richiesto successivamente di realizzare diverse repliche della Baccante. Una per esempio era destinata al marchese Filippo Ala Ponzone mentre un’altra replica fu richiesta da Vittorio Emanuele II tra il 1864 e il 1865.

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La spiccata sensualità cosi come la posa studiata per mettere in mostra il corpo della giovane non furono una pura invenzione di Angelini che probabilmente conosceva molto bene la Bacante di Pradier, scolpita qualche decennio prima.

“Io m’accinsi ad alzar piano piano il velo, quasi temendo che la Baccante non se n’accorgesse; davvero, con una trepidanza, con un palpito tutto nuovo, come accada a chi si aspetta a meraviglioso spettacolo, come accadde a Gige quando attendeva che la Regina emergesse dal bagno. Aveva sentito parlar tanto del nuovo capolavoro dell’Angelini, che quasi avrei bramato di trovarlo al di sotto della fama, per quella specie d’innata antipatia che gli uomini volgari soglion provare per ogni altra cosa, e che ci fa lieti dell’umiliazione d’ogni giusto orgoglio. Né vidi mai la più gentil figura di questa ebbra, ancor non più che a mezzo sprigionata dal marmo.” Scrisse così nel 1867 Vittorio Imbriani redigendo una lunga recensione dell’opera di Angelini.

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Diverse copie della Baccante andarono disperse e quella giunta fino ai vostri giorni è datata1865 e firmata da Tito Angelini. L’opera appartiene a una collezione privata.

Per il momento il sempre vostro Michelangelo Buonarroti vi saluta dandovi appuntamento ai prossimi post e sui social.

© Riproduzione riservata

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Sculpture of the day: the Bacchante by Tito Angelini

The sculpture of the day that I propose to you today is the Bacchante sculpted by Tito Angelini around the mid-1840s.

The artist was born in Naples in 1806 and trained at the Academy of Fine Arts of the city, allowing himself to be pleasantly influenced by artists of the caliber of Canova and Thorvaldsen. To further his studies he moved to Rome where, in addition to increasingly refining his technique, he sculpted works of mythology inspiration such as Theseus and the Minotaur.

Although rooted in neoclassicism, Angelini shows a certain openness to new trends, developing a personal style that brought together classicism and romanticism.

The sculptor created the sensual Bacchante on commission from the banker Giovanni Vonwiller, an established collector and banker of Swiss origins. Vonwiller placed the work in the center of one of the halls of the Galleries that bore his name, in Naples.

Angelini was subsequently asked to make several replicas of the Bacchante. One, for example, was intended for the Marquis Filippo Ala Ponzone, while another replica was requested by Vittorio Emanuele II between 1864 and 1865.

The marked sensuality as well as the pose studied to show off the young woman’s body were not a pure invention of Angelini who probably knew Pradier’s Bacchante very well, sculpted a few decades earlier.

“I slowly began to lift the veil, almost fearing that the Bacchante would not notice; truly, with trepidation, with a completely new palpitation, as happens to those who await a marvelous spectacle, as happened to Gyges when he was waiting for the Queen to emerge from the bath. He had heard so much about Angelini’s new masterpiece that I almost longed to find it beneath fame, for that kind of innate antipathy that vulgar men tend to feel for everything else, and which makes us happy at the humiliation of every just pride. Nor have I ever seen a more gentle figure than this drunken one, still no more than half released from the marble.” Vittorio Imbriani wrote this in 1867, drafting a long review of Angelini’s work.

Several copies of the Bacchante were lost and the one that has reached your days is dated 1865 and signed by Tito Angelini. The work belongs to a private collection.

For the moment, yours truly Michelangelo Buonarroti bids you farewell, making an appointment with you in the next posts and on social media.

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