


Io v’ò più charo vivo e povero che morto
"Io v'ò più charo vivo e povero che morto", così scrissi in una lettera indirizzata al mi babbo a metà del settembre del 1509.

Monna Margherita e il mio agente Fattucci
Vi racconto un episodio che vide coinvolti monna Margherita, il mio agente Fattucci e il mi fratello capriccioso Giovan Simone

I meravigliosi marmi per le sculture della Sagrestia Nuova
Tanto erano belli i marmi che scelsi a Carrara per realizzare le sculture della Sagrestia Nuova che pure il Bandinelli, non certo amico mio, ci tenne a tesserne le lodi.

I modelli in argilla per le sculture dei duchi
Nel marzo del 1524 iniziai a lavorare sui modelli per le sculture delle tombe dei duchi Medici e con molta probabilità già avevo messo mano a uno dei modelli in argilla in scala.

I banchi di lettura: proprio come il papa li voleva
Papa Clemente VII, raffinato intenditore d'arte e d'architettura, non mancava mai di dire la sua sul progetto della Biblioteca Medicea Laurenziana avendo il desiderio di veder messa a frutto un'idea che già era balenata in mente a suo zio Lorenzo de' Medici. Fu lui che...

Gli uomini grandi nelle avversità han più cuore
Fa buon animo e seguita gagliardamente la impresa tua...

A Lionardo: vieni ma non portar nessuno d’impiccio e torna a casa tua presto
Nella prima metà del gennaio del 1561 il mi nipote Lionardo volentieri sarebbe venuto a trovarmi a Roma ma non esitai a scrivergli di starsene a casa sua: non era quello il momento più opportuno.

Intimorivo anche i papi
🇮🇹Che non avessi un grande tatto è cosa nota come è noto non fossi amato per le doti diplomatiche che non possedevo. Meno noto è invece il fatto che incutevo timore pure nei papi. 🇬🇧It is well known that I did not have a great tact, as it is known that I was not loved for the diplomatic skills that I did not possess. Less well known is the fact that I instilled a feeling of fear even in the popes.

Il Rosso Fiorentino e la maniera che non voleva prendere: la sua lettera
Il Rosso Fiorentino, al secolo Giovan Battista di Jacopo di Gasparre, arrivò a Roma nel 1523 per lavorare alla Cappella Cesi in Santa Maria della Pace.