Io a Bologna nel 1507: una lettera tra arte, politica e famiglia
La lettera che scrissi il 24 febbraio 1507 al mi fratello Buonarroto da Bologna, permette di avere un’idea abbastanza precisa di ciò che stavo vivendo in quel momento il terra felsina.
Stavo lavorando alla grande fusione del Giulio II in bronzo, su commissione diretta del papa della Rovere. All’epoca ormai ero uno scultore celebre in tutto il mondo allora conosciuto ma nonostante ciò dovevo sobbarcarmi ingenti responsabilità familiari ed economiche.

Nella lettera misi nero su bianco il fatto di non aver ricevuto notizie in merito al denaro inviato alla mia famiglia. E’ cosa nota fossi io a farmi carico della gestione delle finanze di tutti in casa, fin da giovane. A conti fatti per tutta la vita fui il principale sostegno economico del mi babbo e dei miei fratelli.
Spesso viene raccontato fossi spilorcio ma se la mia storia privata fosse meglio conosciuta su larga scala, qualcuno eviterebbe di dire, divulgare e scrivere tali bischerate.
Nella solita lettera palesai quali fossero gli impegni artistici che mi tenevano occupato a Bologna. Menzionai la commissione ricevuta da Piero Aldobrandini, amico del mi fratello Buonarroto, per la realizzazione della lama di una daga: il pugnale largo e a doppio taglio molto diffuso nel Rinascimento.
Al momento della scrittura della lettera, l’arma è ancora in fase di doratura.

Volli precisare che il ritardo nella consegna della daga non dipendeva né dalla mia volontà né dai numerosi incarichi che avevo assunto ma piuttosto dagli impegni dell’armaiolo incaricato della lavorazione, chiamato a soddisfare prima le richieste della corte.
Nella lettera riportai anche un altro fatto rilevante, ovvero la partenza di papa Giulio II da Bologna il 22 febbraio 1507, dopo la riconquista della città e la restaurazione del dominio pontificio.
Accennai alle disposizioni per la realizzazione della statua bronzea del Pontefice, uno dei progetti più ambiziosi del periodo, rimandando il fratello all’araldo per ulteriori dettagli.
Insomma, in poche righe scritte di mio pugno si evince quanto fosse complesso l’intreccio tra arte, politica e vita privata.
Dopo tutto le grandi commissioni papali e la fitta rete di relazioni politiche si sovrapponevano alle preoccupazioni domestiche: Dovevo stare costantemente in equilibrio tra mille impegni, tra ambizione creativa e doveri familiari.
A seguire vi propongo la lettera integrale.
Buonarroto, io mandai cierti danari chostà a llodovicho, chon cierta chomessione, già quindici dì sono, e mai non ò avuto risposta. Somi molto maravigliato. Però di’ a llodovicho che m’avisi se gli à ricievuti, e sse à facto quello gli chomessi; m’avisi a ogni modo, perché ne sto di mala voglia e maravigliomi della sua poca discretione.
È uomo da chommectergli un’altra volta una cosa che importi! Chrederrei avessi scricto ciento lectere, perch’io n’avessi almancho una. Fa’ che llui m’avisi a ogni modo di quello che à facto e chondanni la lectera i’ modo che lla mi sia data.Della daga di Piero, io vi mandai ieri a vedere se ll’era facta; l’aveva ancora a dorare. àmi dileggiato uno mese, ma in vero non à potuto fare altro, perché in su questa partita della corte à avuto a servire d’arme tucti e’ cortigiani e à avuto grandissima faccienda; però m’à prolongato tanto.
Di’ a Piero che non dubiti, che infra pochi giorni l’arà a ogni modo.
El Papa si partì lunedì mactina a ssedici ore; e sse ctu vòi sapere l’ordine che gli à lasciato della chosa mia, va’ all’araldo e llui ti raguaglierà. Non ò tempo da scrivere. A dì ventiquatro febraio. Michelagniolo in Bolognia.A Buonarroto di Lodovicho di Buonarroto Simoni in Firenze. Data nella boctega di Lorenzo Strozi, Arte di Lana, im Porta Rossa.
Per il momento il sempre vostro Michelangelo Buonarroti vi saluta dandovi appuntamento ai prossimi post e sui social.
Me in Bologna in 1507: A Letter Between Art, Politics, and Family
The letter I wrote on February 24, 1507, to my brother Buonarroto from Bologna provides a fairly precise idea of what I was experiencing at that time in Bologna.
I was working on the large bronze cast of Julius II, commissioned directly by Pope della Rovere. By then, I was a world-famous sculptor, but I still had to shoulder significant family and financial responsibilities.
In the letter, I made clear that I had received no news regarding the money sent to my family. It’s well known that I was responsible for managing everyone’s finances, even from a young age. All things considered, throughout my life, I was the main financial supporter of my father and my siblings.
It’s often said that I was a miser, but if my private life were better known, some would refrain from saying, publishing, and writing such nonsense.
In the usual letter, I revealed the artistic commitments that kept me busy in Bologna. I mentioned the commission I had received from Piero Aldobrandini, a friend of my brother Buonarroto, for the creation of a dagger blade: the broad, double-edged dagger so common during the Renaissance.
At the time of writing, the weapon was still being gilded.
I wanted to clarify that the delay in the dagger’s delivery was due neither to my will nor to the numerous commissions I had undertaken, but rather to the commitments of the armorer in charge of the work, who was called upon to first satisfy the court’s requests.
In the letter, I also reported another significant event: the departure of Pope Julius II from Bologna on February 22, 1507, after the reconquest of the city and the restoration of papal rule.
I mentioned the arrangements for the creation of the bronze statue of the Pontiff, one of the most ambitious projects of the period, referring my brother to the herald for further details.
In short, a few lines written by me reveal the complex intertwining of art, politics, and private life.
After all, the great papal commissions and the dense network of political relationships overlapped with domestic concerns: I had to constantly balance a thousand commitments, between creative ambition and family duties.
The full letter follows.
Buonarroto, io mandai cierti danari chostà a llodovicho, chon cierta chomessione, già quindici dì sono, e mai non ò avuto risposta. Somi molto maravigliato.
Però di’ a llodovicho che m’avisi se gli à ricievuti, e sse à facto quello gli chomessi; m’avisi a ogni modo, perché ne sto di mala voglia e maravigliomi della sua poca discretione. È uomo da chommectergli un’altra volta una cosa che importi! Chrederrei avessi scricto ciento lectere, perch’io n’avessi almancho una. Fa’ che llui m’avisi a ogni modo di quello che à facto e chondanni la lectera i’ modo che lla mi sia data.
Della daga di Piero, io vi mandai ieri a vedere se ll’era facta; l’aveva ancora a dorare. àmi dileggiato uno mese, ma in vero non à potuto fare altro, perché in su questa partita della corte à avuto a servire d’arme tucti e’ cortigiani e à avuto grandissima faccienda; però m’à prolongato tanto.
Di’ a Piero che non dubiti, che infra pochi giorni l’arà a ogni modo. El Papa si partì lunedì mactina a ssedici ore; e sse ctu vòi sapere l’ordine che gli à lasciato della chosa mia, va’ all’araldo e llui ti raguaglierà. Non ò tempo da scrivere. A dì ventiquatro febraio. Michelagniolo in Bolognia.A Buonarroto di Lodovicho di Buonarroto Simoni in Firenze. Data nella boctega di Lorenzo Strozi, Arte di Lana, im Porta Rossa.
For now, yours truly, Michelangelo Buonarroti bids you farewell and invites you to see him in future posts and on social media.

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