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Quel bel fusto di Michelangelo: un libro per ragazzi di Coccaro

Il libro che vi propongo oggi mi riguarda da molto vicino visto che parla della vita mia. “Quel bel fusto di Michelangelo” è il titolo del volume scritto da Angelo Coccaro, accompagnato dalle illustrazioni di Anita Perlini.

Appartiene alla serie “Che Meraviglia” nata da un’idea di Federico Zeri per avvicinare i giovani al mondo dell’arte.

Si tratta di una biografia per sommi capi della mia esistenza, integrata da schede di approfondimento su differenti temi artistici come per esempio la spiegazione di cosa sono i tondi, i dittici e i polittici tanto per fare un esempio.

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L’età di lettura consigliata dalla casa editrice Curcio Editore è dai 10 anni ma a mio avviso può essere letto benissimo anche dagli otto anni. Comprende una serie di QRcode da scansionare che rimandano ad approfondimenti sui temi proposti. Accattivante la grafica per una generazione abituata ad adoperare senza problema smartphone e tablet.

Io sono vecchio, lo sapete. Sono di quelli che ama leggere le note a piè di pagina o in fondo ai capitoli ma i ragazzi sicuramente hanno un approccio molto diverso alla carta stampata.

Già sapete che se ho fra le mani un libro che riguarda Michelangelo lo spulcio dall’inizio alla fine e, quando leggo qualcosa di stonato, salto sulla sedia. Qualche inesattezza l’ho scovata fra queste pagine: ormai lo sapete che come un segugio cerco l’errore ovunque. Che ci volete fare, una deformazione professionale la mia.

Sia chiaro, non sono peccati capitali.

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Da dove parto? Dal capitolo dedicato ai marmi perché è quello che contiene più inesattezze fra tutti.

È vero che a Carrara viene estratto marmo di differenti tipologie ma non tutto il marmo apuano è carrarino. Ne vengono infatti costantemente estratti anche nelle pertinenze del comune di Massa, Seravezza e Stazzema. L’autore non può sapere che da queste parti la concorrenza è più accesa che mai e guai a citare un luogo solo a scapito di tutti gli altri.

Al metro quadrato poi viene venduto quando si tratta di lastre ma per i blocchi destinati alle sculture si vende a un tot al metro cubo. A proposito, il travertino viene citato come marmo ma è una pietra che ha un’origine completamente differente.

Altra questione sempre sui marmi, il bianco di Carrara sicuramente non è stato adoperato per costruire il Partenone di Atene. Sarebbe stata pura follia portare quel marmo fino in Grecia quando a soli sedici chilometri dal Partenone c’era il monte Pentelico con i suoi marmi. Fu lì infatti che furono estratte le circa 22mila tonnellate di marmi bianchi che servivano. Con il tempo, invecchiando esposti agli agenti atmosferici, acquisirono una tonalità più calda.

La Casa Bianca a Washington non è stata costruita in marmi bianchi ma in arenaria, successivamente imbiancata con calce, caseina, piombo e colla di riso dando quella colorazione caratteristica che la rende candida.

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Un po’ più avanti fra le pagine del libro “Quel bel fusto di Michelangelo” di Coccaro, l’autore scrive che la facciata della Basilica di San Lorenzo a Firenze è in mattoni. In realtà è in blocchi di pietra serena, la pietra che a Firenze va per la maggiore. Il contratto che mi legava alla realizzazione della facciata in marmo non viene sciolto nel 1520 ma nel marzo del 1521.

Il progetto più grande della Sagrestia Nuova prevedeva la realizzazione di una struttura centrale nella quale avrebbero trovato le spoglie dei papi Medici, idea poi accantonata.

Per quello che riguarda la Biblioteca Laurenziana, mi era già stata commissionata nel 1519 da papa Leone X in accordo col suo cugino, il cardinale Giulio de’ Medici, futuro papa Clemente VII.

Quando partii alla volta di Roma, nel 1534, la Biblioteca non era terminata e ancora mancava completamente il vestibolo. Non fu l’Ammannati a voler realizzare la scalinata in pietra serena e non in noce come avevo pensato io. Fu il duca Cosimo I che si impose su questa scelta, pensando che la pietra serena avrebbe meglio resistito allo scorrere del tempo.

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A proposito, il Dio Fluviale in terra cruda non è conservato in Casa Buonarroti ma dopo il restauro di qualche anno fa è tornato presso l’Accademia delle Arti e del Disegno che ne è proprietaria.

In merito agli affreschi della volta della Sistina, vi posso dire che non impiegai 5 anni per realizzarli ma quattro, dal 1508 al 1512 anche se all’effettivo fu ancora meno il tempo in cui ci lavorai materialmente. All’interno dei medaglioni bronzei non ci sono ghirlande di foglie di quercia allusive al cognome della Rovere, quelle sono sostenute dagli ignudi.

Come accennato prima, a Roma tornai nel 1534 e non nel 1536. Papa Clemente VII era già morto e stecchito nel 1536: passò infatti a miglior vita nel settembre del 1535.

Ah giusto, il Santo che tiene la propria pelle in mano che ha il mio volto deformato non è San Sebastiano ma San Bartolomeo.

Di imprecisioni ne ho trovate altre ma mi fermo qua altrimenti scrivo un romanzo.

Dello stesso autore, Angelo Coccaro, sempre per Armando Curcio Editore, trovate anche un volume scritto con lo stesso stile dedicato ai più giovani dal titolo “C’era una volta Caravaggio”. Anche in questo caso la narrazione della vita e il racconto delle opere dell’artista è intervallato da approfondimenti.

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Nel libro dedicato al Caravaggio mancano i QRcode e a dire il vero preferisco così. Più che utili a mio avviso distolgono l’attenzione troppo spesso dalla lettura che si ha davanti.

Per il momento il vostro Michelangelo Buonarroti vi saluta dandovi appuntamento ai prossimi post e sui social.

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