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Le Storie della Vera Croce di Piero della Francesca

Le Storie della Vera Croce costituiscono il ciclo di affreschi che decora la cappella Maggiore della Basilica di San Francesco di Arezzo: il capolavoro di Piero della Francesca.

Nel lontano 1417 il facoltoso mercante aretino Baccio di Maso Bicci morì. Nel suo testamento aveva lasciato una somma cospicua per decorare il coro della basilica quasi volesse espiare qualche colpa e riconciliarsi con la chiesa. Questi lasciti venivano fatti spesso all’epoca: era un modo per riappacificarsi con la Chiesa per aver fatto soldi in maniera non lecita o comunque non tollerata ufficialmente negli ambienti cattolici come il cambio e il prestito.

Una trentina d’anni dopo, nel 1447, gli eredi vollero mettere in pratica il lascito testamentario di Baccio. Per pagare i lavori di decorazione del coro, Francesco Bacci vendette anche una vigna di famiglia. La commissione fu affidata al fiorentino Bicci di Lorenzo che era già in là con gli anni per il tempo. Ad Arezzo la sua era una delle botteghe più attive e prolifiche ma aveva uno stile tutt’altro che innovativo.

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Il tema centrale del ciclo di affreschi avrebbe riguardato le Storie della Vera Croce. Nel 1452 Bicci di Lorenzo morì avendo dipinto però solo la volta e i committenti decisero di affidare il lavoro a Piero della Francesca.

Piero della Francesca aveva uno stile completamente diverso dal predecessore, con una visione completamente diversa nell’utilizzo della luce e del colore. Suddivise l’opera in dodici scene ispirate dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine.

La morte di Adamo di Piero della Francesca
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Il legno della Croce su cui trovò la morte Cristo arriva da molto lontano secondo quanto narrato in questa antica legenda. Quando Adamo passò a miglior vita, il figlio Seth seminò una pianta sulla tomba del padre: quel legno sarebbe servito secoli dopo per crocifiggere Gesù sul Golgota.

Lo stesso albero verrà poi sepolto da Re Salomone per la predizione della Regina di Saba: quel legno avrebbe portato la fine di Israele ma l’impresa fu vana perché la storia si sa, segue il suo corso.

L’incontro di Salomone con la regina di Saba
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Secoli dopo Costantino sogna un angelo che sotto l’insegna della Croce vince la battaglia di Massenzio. Sant’Elena, sua madre, riesce a ritrovare le tre croci del Golgota al di sotto di un tempio pagano torturando Giuda.

Il ritrovamento delle tre croci da parte di Sant’Elena, Piero della Francesca
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Come fece Sant’Elena a sapere quale fosse la Croce di Cristo? Appena il suo legno sfiorò un giovane ragazzo morto, per miracolo resuscitò.

Adorazione del Sacro Legno da parte di Sant’Elena

La Storia della vera Croce narrata nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine mica termina qua. Tre secoli dopo la preziosa reliquia fu rubata da Cosroe, il re di Persia. Eraclio, l’imperatore bizantino, riesce a recuperarla e la riporta a Gerusalemme. Arrivato alle porte della città viene trattenuto da una forza invisibile: solo spogliandosi di ogni orpello potrà finalmente entrare.

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Piero della Francesca raffigura ogni scena con dovizia di particolari. Dallo sconcerto mostrato nei volti di chi assiste alla morte di Adamo nella prima scena fino ai ai dettagli raffinati degli abiti di Salomone.

Battaglia di Eraclio e Cosroe
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Il libro

Secondo un’antica tradizione, fu Sant’Elena, la madre di Costantino a ritrovare nel 326 la Croce di Cristo a Gerusalemme il legno della Croce. Secondo l’imperatrice quella preziosa reliquia potrebbe rinsaldare la fede dei cristiani e rinsaldare le divisioni interne. Nel libro scritto da Chiara Mercuri La vera croce. Storia e leggenda dal Golgota a Roma, viene ripercorsa la storia della Croce di Cristo che mischia fatti reali e leggende con antiche radici.

Lo trovate QUA.

Il secondo libro che vi propongo è quello scritto da Antonio Paolucci: Piero Della Francesca; indagine su un mito. In questo volume Paolucci ripercorre la vita dell’artista e racconta le sue opere più conosciute e quelle meno note al grande pubblico. Corredato da un accurato apparato fotografico, pagina dopo pagina verrete affascinati dal suo modo di trattare la luce e di rendere i volumi. Il libro lo trovate QUA.

Per il momento il vostro Michelangelo Buonarroti vi saluta dandovi appuntamento sui social e ai prossimi post.

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