Il David finto ingabbiato: censurato a Dubai e censurato in Italia
Ho evitato di proposito l’argomento fino al momento ma a questo punto mi tocca parlarne: non ho altra scelta. Quel coso lì, la copia del David finita a Dubai, non m’è mai andato a genio. Come può piacermi un qualcosa realizzato con una stampante 3D, avvezzo com’ero a sentire sotto le dita la grana e la consistenza del marmo?
Capisco le innovative tecnologie che hanno permesso di realizzare una copia identica all’originale e la rifinitura fatta a mano per renderlo simile al mio, ma a che pro? Un grande souvenir in materiale plastico può promuovere la tecnologia che ha portato a questo risultato, non certo l’arte del nostro Paese che vanta ben altre imprese.

Il marmo prende forma dalle mani guidate dalla mente, giorno dopo giorno, scalpellata dopo scalpellata: la nobile arte della scultura poco ha a che fare con il cosone ingabbiato, c’è poco da fare.
Cosa avrei fatto io? Avrei dato spazio agli artisti e agli artigiani del nostro paese che la pandemia ha messo in ginocchio. Arrivano da tutto il mondo a commissionare nei nostri laboratori artistici grandi opere e noi che mettiamo sul piatto e cosa promuoviamo? Il David di plastica e le tecnologie che hanno permesso di realizzarlo. Ottima scelta direi.
E ora passo all’argomento di questi giorni: la censura del David di Dubai. Il fatto che l’ingabbiamento faccia parte dell’installazione artistica per consentire anche di guardare il David negli occhi mi pare tanto la scusa di chi si nasconde dietro un dito per mantenere buoni rapporti con Dubai e il mondo arabo.
Maremma ‘mpestata: l’installazione si poteva fare comunque evitando di mettere proprio il pisello e le chiappe all’altezza della passerella che toglie dalla vista gli orpelli, no? E invece la scelta è ricaduta proprio lì: una sorta di auto censura preventiva insomma.
Fatto sta che non è pensabile imporre la propria cultura a un altro modo di vedere, pensare e sentire. Quindi già si sapeva in partenza che molto probabilmente il pisello del David non poteva essere lasciato libero così come lo scolpii. A casa altrui si entra chiedendo permesso: è questione di educazione e rispetto. No, ovvio che non mi piaccia la censura su un’opera e a maggior modo se il soggetto mi riguarda da molto vicino ma nemmeno mi aggradano le imposizioni a spada tratta.
Chi critica a spada tratta il pube celato però mi sa abbia memoria corta o comunque non ricordi che a lungi il David, quello originale mio intendo, ha avuto una brutta foglia di fico a tappargli il pisello.
Già proprio così. Pochi anni dopo che lo scolpii, quando già ero partito in via definitiva per Roma, mi scrisse quell’opportunista dell’Aretino.
Nella sua lettera da Venezia datata il 31 ottobre del 1545 mi scrisse tali parole: “imitate la modestia fiorentina, la quale sotto alcune foglie auree sotterra quelle del suo bel colosso; et pure è posto in piazza publica et non in luogo sacrato“. Quindi il David già allora aveva la sua brutta foglia dorata che rimase lì per secoli tanto che nella prima foto scattata al colosso dai Fratelli Alinari, è ancora al suo posto.
Per il momento il sempre vostro Michelangelo Buonarroti vi saluta dandovi appuntamento ai prossimi post e sui social.
Lui, il David – Antonietta Bandellonihttp://reader.ilmiolibro.kataweb.it/static/resources/minireader/reader.html?bookId=1282555&start=1
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