13 febbraio 1571: muore il Cellini
Era il 13 febbraio del 1571 quando il Cellini passò a miglior vita lasciando ai posteri una grande eredità artistica. Genio e sregolatezza si potrebbe dire di lui: grande artista con un temperamento assai focoso, altro che il mio. Di casini ne combinò parecchi ma creò anche immensi capolavori come il meraviglioso Perseo che ancora veglia su Piazza della Signoria.
Il Cellini era figliolo di un capomastro parecchio colto. Fin da bimbetto iniziò a imparare l’arte dell’oreficeria presso diversi maestri prima a Bologna, poi Pisa e infine Roma. A Roma andò a finire per scappare dalla condanna che pendeva sulla sua testa.
Sono assai conosciuti sono i suoi litigi con la famiglia di orafi Guasconti. Dopo un diverbio assai impetuoso, il Cellini sferrò una pugnalata a Gherardo Guasconti e quel litigio gli costò la condanna a morte in contumacia. Ecco perché l’artista subito dopo scappò a Roma e fu accolto nella bottega di Lucagnolo da Iesi.

I suoi casini però mica finirono lì. Per essere accusato di aver rubato beni a papa Clemente VII durante il sacco di Roma finì nel carcere di Castel Sant’Angelo. Evase quasi subito rompendosi pure una gamba ma, poco dopo, venne ripreso e riconsegnato al papa che lo fece rinchiudere prima a Tor di Nona e poi ancora una volta a Castel Sant’Angelo fino al 1539.
Insomma non era un tipetto tranquillo. Scrisse anche un’autobiografia parecchio auto celebrativa che potete trovare QUA. “Tutti gli uomini di ogni sorte, che hanno fatto qualche cosa che sia virtuosa, doverieno, essendo veritieri e da bene, di lor propria mano descrivere la loro vita” scrisse il Cellini.
Cosimo I gli commissionò il Perseo: un’opera che lo fece tribolare assai soprattutto per i problemi che ebbe durante la fusione del metallo. Poco prima realizzò il busto di Cosimo I de’ Medici oggi visibile al Museo Nazionale del Bargello.
Sapete che il Cellini era un mio amico? Era assai più giovane di me ma le sue opere erano così belle e intense che non era proprio possibile non riconoscere il suo grande talento. Si innamorò a prima vista dei miei cartoni della Battaglia di Cascina e li studiò a lungo. “La scuola del mondo” li chiamava.

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